Dopo la morte di Bendetto XVI in Vaticano è "tana libera tutti": ora basta

La presenza dei due papi ha finito per delegittimarne uno, Francesco, che ora rischia di essere ulteriormente marginalizzato

di Daniele Marchetti
Funerali del Papa Emerito Benedetto XVI
Politica

Dopo la morte di Benedetto XVI in Vaticano c'è un clima da resa dei conti

Basta! La saga delle canonizzazioni di piazza gridate a furor di telecamere sulla scia dell'emozione mediatica, appare sempre più stucchevole, insopportabile, talvolta, deprimente: l’emblematica immagine di una società e di un tempo che oltre a consumare valori e sentimenti come prodotti da banco, divora, ridicolizzandole, figure di elevato valore intellettuale e teologico come Benedetto XVI.

Così tra chi lo chiede "santo subito" e chi, invece, lo vede nell'olimpo dei "padri/maestri della Chiesa", le ridda sfiorano la rissa.

E non c’è riverenza che tenga; che giustifichi tanto sguaiato clamore. Anzi, il dolore, mostra la sua nobiltà e la sua eccelsa dignità nel silenzio, nella riservatezza, nel raccoglimento.

L’opposto delle accuse, delle rese dei conti, delle tensioni di potere che attorno a quella bara anonima, cruda, essenziale e silenziosa sono esplose.

Rese dei conti che, nel loro versante pseudo religioso, si manifestano anche nella richiesta di una santità “à la carte”, “a pronta presa”, “urgentissima”.

Non c’è da venerare ma da riscattare!

Da vendicare, persino.

La morte del (non più) Papa Benedetto si è tradotto in un “libera tutti”; in un passaggio per la Chiesa assai più aspro e dilaniante delle stesse dimissioni papali che, lo si voglia o no, hanno lasciato in apnea la Chiesa Cattolica per un decennio.

Due Papi! E non uno silente e l’altro regnante, come qualcuno ha -sibillinamente- scritto. Nient’affatto! Benedetto decimo sesto ha parlato, eccome. Lo ha fatto con gli scritti: certamente tesori teologici ma anche atti politici. E lo ha fatto, soprattutto, con la propria persona; con la decisione (altrettanto storica) di non abbandonare l’abito corale: quella veste bianca segno del primato petrino.

Una decisione che -senza oltraggio del vero- ha azzoppato Francesco ed il suo ministero.

E le rivendicazioni/rivelazioni postume (“chiacchiericci” come li ha definiti l’uomo venuto quasi dalla fine del mondo) né danno testimonianza viva e reale tanto che, a spoglie non ancora deposte, la più importante agenzia stampa italiana ha titolato: “parte il pressing per le dimissioni di Francesco”.

Segni di una delegittimazione strisciante, carsica iniziata dieci anni fa e che la morte di Joseph Aloisius Ratzinger ha portato alla luce in modo isterico, scomposto, irriverente.

Le tipiche vicende che si registrano alla morte di un capo, anzi, "del capo"; non certo di un “semplice ed umile servo mandato nella vigna del Signore”.

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