Governo: altro che Schlein, il pericolo per Meloni è Salvini

Il Pd è in rimonta dopo l'elezione di Schlein: ma la Meloni deve davvero avere paura di lei? Dovrebbe stare attenta agli alleati e ai "lumbard"...

di Daniele Marchetti
Politica

Per Giorgia Meloni il pericolo viene da …. “Nord”: Analisi 

I dati dei più aggiornati sondaggi sembrano parlare chiaro: il Pd è in forte rimonta dopo l’elezione della prima segretaria al soglio del Nazareno, mentre il centrodestra, anche in questo caso capitanata da Fratelli d’Italia (che sembra perdere più di tutti), risulta in flessione. E un interrogativo si affaccia prepotente: davvero Giorgia Meloni deve aver paura di Elly Schlein?

Che la neo segretaria Dem abbia dato maggiore identità ad un partito esangue e con essa, abbia, indotto in molti (di quelli che il 25 settembre non hanno votato) un rinnovato senso di appartenenza ideologica è sicuramente vero. Che le vicissitudini ultime in materia di immigrazione e di 41bis con la travagliata “vicenda Cospito” abbiano frenato la marcia del Governo è altrettanto evidente. Che poi gli avversari tutti meritino rispetto e, nel caso di Elly Schlein che guida il più consistente partito d’opposizione un rispetto accorto, è l’abc del fare politica.  

Ciò detto, più che degli avversari, Giorgia Meloni deve stare attenta ai propri alleati ed in particolar modo ai lumbard: quelli che “ce l’hanno duro”, quelli che nel 1994 fecero naufragare il primo governo Berlusconi divenendo -come ebbe a dire Massimo D’Alema- “una costola della sinistra” e quelli che, senza colpo ferire pur avendo il pieno comando del Governo giallo-verde, fecero cadere -a colpi di mojito- il “Conte Uno”. E le avvisaglie di un terzo coup de théâtre appaiono ormai molte!

Non ultimo l’eclatante distinguo sull’invio di nuove armi in Ucraina: un passaggio strategico per l’Esecutivo (forse addirittura più significativo dello straziante naufragio di Cutro gestito con qualche scivolone di troppo) che i leghisti non hanno fatto passare indenne marcando a pieno la loro “diversità”.

Tutto assomiglia molto ad un film già visto; a quel lontano 2019 quando, nonostante la guida del Viminale (come oggi), la linea ferma sui porti chiusi (oggi tradotto nel cosiddetto decreto anti ONG), i decreti sicurezza (oggi riecheggiati nel “Decreto Cutro”) ed una guerra aperta con l’Europa (come l’attuale sui migranti) Matteo Salvini diceva che la crisi di Governo era una bella notizia.

Siamo a quel punto? Chissà! Certo è che le situazioni per i lumbard sono molto diverse: allora avevano in vento in poppa con uno stimato 34% di consensi mentre oggi viaggiano intorno all’8% e, soprattutto, non c’erano da gestire i fondi del PNRR che a Porta Pia -al netto del ponte sullo stretto- guardano con discreto interesse. Ciò basterà a far rientrare i molti malumori che sembrano affiorare anche sulle nomine pubbliche o prevarrà, ancora una volta, la cultura del “tanto meglio, tanto peggio”? Questo è il vero interrogativo e l’autentico pericolo per la prima donna premier e non certo l’avversione della naturale rivale. Come dice il proverbio: "Dagli amici mi guardi Iddio……"

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