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Affari di Genio
I diplomifici italiani: la questione morale della scuola italiana

Avete presente - specie in questi giorni - quando vi trovate in fila in autostrada, bloccati dal traffico a seguito di un incidente, e alla vostra destra qualche furbo vi passa accanto, sulla corsia di soccorso, dove potrebbero andare solo i mezzi di pronto intervento e la Polizia di Stato? 

Ecco: in una recente ricerca presentata da Maurizio Vinciguerra di Tuttoscuola, si è scoperto che la categoria dei furbi annovera una cospicua lista anche nelle scuole italiane. In pratica: a fronte di centinaia di migliaia di studenti che per cinque anni fanno il loro dovere a scuola fino all'agognato diploma, alcuni altri - meno onesti - ricorrono a sciatte forme di furbizie legalizzate -  le vie di soccorso di cui sopra - con cui cercano di trovare uno scivolo, una via semplificata,  per acquisire un diploma. Senza studiare. 

Intendiamoci: parliamo di una minoranza, ma di una minoranza comunque qualificata. E, nel caso, anche geolocalizzata. Su 1423 istituti parificati, infatti, solo il 6,5% acconsente - secondo la ricerca -  a questo genere di semplificazione per consentire ai neo iscritti di ottenere l'agognato "pezzo di carta". 

Titoli praticamente acquisiti senza neppure l'obbligo della frequenza. 

Parliamo di scuole, che passano dal quarto al quinto anno, da 31 a 1080 iscritti, per il 90,5% localizzate in Campania, per il 6,3% nel Lazio e per il 3, 2% in Sicilia. Ovviamente facendosi lautamente retribuire: i prezzi oscillano da un minimo di 3000 Euro di retta, fino ad un massimo di 10.000 Euro. 

Un danno, quello degli studenti che s'immettono sulla via di soccorso quando non dovrebbero, che genera nocumento all'intero Paese. I diplomifici infatti servono ad un ulteriore scopo: ovvero quello di consentire poi ai neo diplomati di avere accesso ai concorsi pubblici. Oltre al danno, la beffa. 

Beffa doppia o tripla perché pure per superare i concorsi si userà la stessa logica: pago e quindi mi compro il titolo. 

Il problema vero, tuttavia, è  alla base di questo malcostume. Ovvero quello di considerare lo studio una iattura, una scocciatura, un sacrificio ingiusto, un peso intollerabile. 

Quando invece proprio lo studio potrebbe e dovrebbe essere la chiave di volta per fornire a ciascuno il modo per riscoprirsi e dedicarsi alle proprie passioni. 

Se lo studio potesse divenire un modo con cui arricchire il proprio patrimonio di conoscenze, semplificando i processi di apprendimento, per trasformarsi in un modo rapido e divertente d'imparare, allora l'usura del tempo diventerebbe il suo contrario: il piacere di un tempo ben speso, finalizzato allo scopo non solo di ottenere una candidatura ad un concorso pubblico, ma soprattutto uno strumento di arricchimento personale, con cui poter coltivare i propri sogni. 

Il metodo di Genio in 21 Giorni, testato da migliaia di studenti, è basato su una metodica che ha fatto registrare indubbi miglioramenti nella capacitá di apprendere. 

E tanti di loro,  scoraggiati da un sistema che qualifica la preparazione solo dal rendimento scolastico e non dalla passione per lo studio di qualcosa che si ama, possono arrivare e sono arrivati in alcuni casi a trasformare in realtà i propri sogni, facendo dello studio un'arma di divertimento di massa. Perché non c'è niente di meglio di scoprire che, amando, si viene ricambiati.

Il metodo Genio risponde infatti a questo criterio. Più studi più ti diverti. E più ti diverti più impari.

Mappe mentali, tecniche d'apprendimento, lettura veloce e un tutoring costante consentono, tra le altre cose, di crearsi una profilatura fatta su misura per capire come ciascuno apprende. Anche chi scrive ha fatto questo test. Decidendo di concludere dopo la prima laurea in Giurisprudenza, il biennio magistrale in Filosofia.  

 L'unico metro di giudizio è quello dello studente.  Che apprenderà da solo quanto bello sia diventare metro e giudizio di se stessi, nella consapevolezza che più s'impara meno si sa, secondo la massima di Socrate. E che meno si sa più è affascinante imparare.

Senza il bisogno di un voto. 

 

Max Rigano

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