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L'avvocato del cuore
L'impresa e la solidarietà familiare. Come evitare casi di "sfruttamento"

Si tratta di un istituto introdotto nel lontano 1975 ed è disciplinato dall'articolo 230bis cod. civ., il cui primo capoverso prevede: “Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa…

La norma ha lo scopo di fornire una effettiva tutela all’attività di lavoro che i familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) prestano in modo continuativo nella famiglia o nell’impresa familiare.

Si pensi, a titolo di esempio, agli alberghi così detti a conduzione familiare, agli esercizi di vendita al pubblico, alle piccole attività artigianali; casi, appunto, in cui il lavoro è spesso prestato da persone legate da vincoli matrimoniali e parentali e che non viene esercitato in forma di società di persone o di capitali.

La Legge n. 76/2016 ha esteso la sua disciplina alle unioni civili tra persone del medesimo sesso e, tramite l’introduzione dell’art. 230ter cod. civ., alle convivenze di fatto, sebbene con alcune limitazioni.

Il legislatore ha cercato così di impedire che, nella comunità familiare, si potessero sviluppare situazioni di “sfruttamento”, assicurando al familiare lavoratore, diritti patrimoniali e finanche di gestione, prevedendo che le decisioni di maggiore importanza vengano prese da tutta la famiglia.

I familiari lavoratori hanno, in primo luogo, un diritto al mantenimento, che va commisurato alla particolare condizione patrimoniale della famiglia.

L’attività di lavoro, che può essere manuale o intellettuale (si pensi ad esempio alla tenuta della contabilità), deve essere prestata nell’ambito dell’impresa o della famiglia, purché quest’ultima risulti in collegamento con l’attività d’impresa, consentendo una divisione dei compiti nella realizzazione di un programma economico unitario.

Sotto questo profilo, si pensi al familiare, il quale, accudendo la prole, renda possibile ai genitori la prestazione a pieno tempo, nell’impresa, dell’attività di lavoro.

Il lavoro domestico, dunque, dà anch’esso titolo alla partecipazione all’impresa familiare purchè sia funzionale all’attuazione del suo fine.

In altri termini, deve escludersi la semplice rilevanza del lavoro domestico, occorrendo, invece, uno stretto rapporto di scelta tra esercizio dell’impresa e attività di lavoro svolta all’interno della famiglia, affinchè quest’ultima presenti, al pari del lavoro prestato nell’impresa, la capacità di creare nuova ricchezza.

Vi sono, poi, il diritto alla partecipazione agli utili sempre in proporzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, da stabilire ad opera del giudice in caso di disaccordo e il diritto a una quota dei beni acquistati con gli utili non distribuiti.

I partecipanti all'impresa familiare, sempre sotto il profilo economico, hanno anche il diritto agli incrementi aziendali, in ordine all'avviamento e sempre in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.

Il coniuge, il parente o l'affine che lavorano nell'impresa familiare hanno inoltre poteri decisionali sulle scelte di maggiore importanza.
Infatti, le decisioni che riguardano la straordinaria amministrazione, l'impiego e l'investimento degli utili, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell’attività devono essere adottate a maggioranza.

In conclusione, si può affermare come gli art.li 230bis e ter cod. civ., abbiano creato un istituto con spiccati caratteri di tipicità e peculiarità, valorizzando l’attività di lavoro, anche domestico, dei familiari partecipanti all’impresa.

La normativa attua, concretamente, la solidarietà familiare, assicurando una serie di diritti: al mantenimento, secondo la condizione patrimoniale della famiglia, alla partecipazione agli utili dell’impresa e agli incrementi dell’azienda, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
 

Studio Legale Bernardini de Pace*

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