Coronavirus, cercatori di verità e fake news
C’è un portale a pagamento con sede in USA, e conto corrente dove inviare il bonifico per abbonarsi in Irlanda, che dal quindicesimo piano di un grattacielo di New York si impanca a giudice e, in nome della Verità posseduta in esclusiva, addita siti e giornali di tutto il mondo che sul coronavirus, a proprio insindacabile giudizio, diffondono fake news. Il loro mestiere, pagato dai loro lettori, è proprio questo: la caccia senza quartiere delle fake news nel mare magnum della rete internet. Con relativi voti e pagelle.
Sotto la mannaia di questo portale e dei suoi vigilantes in rete, indomiti Sherlock Holmes della bufala e arbitri di purezza giornalistica, cadono 131 testate nel mondo e 17 in Italia. Tra questi veniamo additati anche noi di Affaritaliani.it, peraltro in compagnia di siti importanti come Tgcom24.it o politically incorrect come Scenari economici.
Questo “portale della Verità”, fondato da un “imprenditore dei media”, ci contesta, bontà sua, solo due articoli, sui 150- 200 che mediamente tutti i giorni mandiamo in rete. Un’inezia, un peccato veniale che ci fa onore, vista l’incertezza che avvolgeva, nei giorni del misfatto, e ancora avvolge, da ogni punto di vista, il fenomeno del virus.
Dicono queste vestali newyorchesi della verginità giornalistica che i due articoli sono falsi e non poggiano su fonti certe. Peccato che quello del 2 febbraio porta tanto di firma di una nota dottoressa milanese vicepresidente dell’Istituto malattie croniche. Mentre l’altro dà conto, in un pastone da Roma, del ricovero dei primi contagiati, la coppia di cinesi allo Spallanzani, del diffondersi del virus e anche di un file audio che va diffondendosi in rete, con la voce di un anonimo italiano (presentato con ogni cautela come tale) reduce dalla Cina, che racconta quel che ha visto a Wuhan, denuncia le censure del regime e i sospetti sulle possibili origini artificiali del virus e lancia l’allarme, provvidenziale, sulla gravità dell’epidemia e sui rischi che corriamo. Copertura doverosa, copertura di cronaca con qualche alert. Normale, no?
Ma per il portale della verità statunitense in cerca di furbesca pubblicità gratuita, no!!! non si deve!!! Loro consigliano invece: "Per informazioni affidabili sul Coronavirus di Wuhan ti invitiamo a consultare siti di istituti di sanità pubblica come quelli del Ministero della Salute, dell’Ordine dei medici e dell’Organizzazione mondiale della Sanità”. Solo fonti ufficiali, insomma. I giornali? Cacca...
Che dire? De minimis non curat praetor, insegnavano saggiamente i latini. Ma all’"imprenditore dei media", come viene definito, che ha fondato questo portale della verità a pagamento, io, da vecchio pioniere della rete con 40 anni di giornalismo professionistico alle spalle, darei un consiglio: anziché emettere condanne sommarie dal suo indebito e usurpato pulpito di etica e deontologia giornalistica, anziché sindacare il sudato e apprezzato lavoro altrui (con Affaritaliani.it siamo a due milioni di pagine viste al giorno, grazie a una credibilità conquistata giorno dopo giorno in 24 anni di lavoro in rete) si provi a dedicare le energie sue e del suo team di vigilantes del web e cacciatori di fake news a produrla qualche notizia sul Coronavirus, mestiere invero un po’ più complicato, anziché fare le pulci al lavoro degli altri.
Ciò detto passiamo le pratiche ai nostri legali. E con questi diffamatori (e qualche sito italiano che li ha golosamente rilanciati) ci vediamo in tribunale. Con il vostro Paura (sic) Angelo, estensore-seg
Se esiste e non è, proprio lui, uno pseudonimo fake.
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