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Lo sguardo libero
Nasce il Governo delle competenze. Per un futuro sostenibile
(fonte IPA)

In una democrazia “affluente” come l’attuale, in cui un salsicciaio può diventare parlamentare come facendo un salto mortale e andando oltre qualsiasi principio di merito e di curriculum, il mondo dell’impresa, dell’economia, dei mercati finanziari, della conoscenza e del sapere (di coloro che sono davvero esperti perché tutti vorrebbero essere “professionisti” nella vita, ma pochi son quelli che ci riescono) guardano con un sospiro di sollievo al nuovo Governo di Mario Draghi.

I temi fondamentali saranno due: inevitabilmente l’emergenza sanitaria, con milioni di italiani da vaccinare e la necessità di rilanciare la crescita del sistema economico. Tutto ciò seguendo la strada che il mondo non può non percorrere. L’Unione europea, come ricorda spesso la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen,  intende diventare entro il 2050 la prima grande area politica del mondo a emissioni zero. Ciò sarà, secondo Bruxelles, il risultato della sua economia: sostenibile e innovativa - oltre che socialmente inclusiva -. Si badi: “sostenibile” significa “considerare e fare il bene delle generazioni future”. Può esserci idea della politica migliore di questa? Il Green Deal europeo è un obiettivo che coinvolge tutti i comparti: trasporti, energia, edilizia, ICT e industrie di più settori (acciaio, cemento, tessile, chimica per citare le principali).  Il Covid ha accelerato anche la definizione del Next Generation EU Fund, che stanzia per il rilancio delle economie europee complessivamente 750 miliardi (390 di sovvenzioni e 360 di prestiti) e con l’Italia che è il principale destinatario di tali risorse: 209 miliardi (82 a fondo perduto, 127 in crediti). Anche il neopresidente Joe Biden ha simbolicamente firmato, tra i primi decreti urgenti che ha emanato appena insidiato alla Casa Bianca, il rientro degli USA nell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (2015), da cui era uscito il suo predecessore Donald Trump. E anche il presidente cinese Xi Jinping ha promesso che la Cina diventerà un’economia a emissioni zero entro il 2060.

I mercati, che sono per così dire “giusti” nel valutare la politica circa i suoi effetti sull’economia, certificano l’importanza di Draghi. Lo spread è ai livelli più bassi da inizio 2015 e i rendimenti dei titoli di Stato sono già da tempo sui minimi di sempre. Non poteva che essere altrimenti. Dal 2011 al 2019 Draghi ha guidato la Bce durante la crisi del debito sovrano europeo, è stato l’artefice delle quantitative easing e la sua famosa frase whatever it takes”, con cui ha rappresentato la volontà di difendere l’euro a tutti costi, persino con alcuni membri del board contrari, che si è concretizzata in un successo, è la prova della sua capacità di prendere decisioni autonome e di portarle avanti.

Nell’ambito della cornice di Next Generation EU, che mira, come detto, a un’economia sostenibile e basata sulle nuove tecnologie, nel Draghi I sono stati scelti due “tecnici” molto noti e di competenze riconosciute per condurre ministeri decisivi: Roberto Cingolani alla Transizione ecologica e Vittorio Colao alla Transizione digitale. In aggiunta ai politici, Draghi ha puntato su uomini esperti e fidati. Otto tecnici, oltre ai citati Cingolani e Colao e alla riconfermata Luciana Lamorgese (Interno): Marta Cartabia (Giustizia), Daniele Franco (Economia), Patrizio Bianchi (Istruzione), Cristina Messa (Università), Enrico Giovannini (Infrastrutture e Trasporti), Roberto Garofoli (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio). Tutte personalità di conclamata esperienza e capacità, di cui Draghi si fida e con cui non ci saranno discussioni, tattiche, politicismi vari cui eravamo abituati.

 

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