Lo sguardo libero
Stato Palestinese a orologeria: la proposta imbarazzante di Starmer

Il primo ministro del Regno Unito, Keir Starmer (62 anni)
Winston Churchill, dalla sua tomba, si starà rivoltando. Ieri il primo ministro britannico Keir Starmer ha lanciato un messaggio incredibile: “Se entro settembre Israele non accetterà una tregua, riconosceremo lo Stato di Palestina”. Uno Stato a tempo. A orologeria. Riconosciuto solo se e quando il governo israeliano farà quello che Londra vuole. La costruzione della Palestina come moneta di scambio. Un riconoscimento che non nasce dal diritto internazionale o dalla volontà di riparare un’ingiustizia storica, ma come strumento di pressione.
Due Stati e il paradosso di settembre nell’era dei tweet
Sia chiaro: la tragedia del popolo palestinese è sotto gli occhi di tutti. E qui non si entra nel merito della questione se sia giusto o sbagliato riconoscere ora lo Stato di Palestina – pur al netto di legittimi e ragionevoli dubbi, quella dei due Stati per due popoli resta l’ipotesi più naturale. Di sicuro, se mai si arriverà a quella soluzione, ci vorrà ancora molto tempo. Oggi, la Cisgiordania è una terra spezzata, a macchia di leopardo, disseminata di insediamenti dei coloni israeliani come un formicaio. Non esiste una reale continuità territoriale. Per giunta, tornando alla proposta del premier britannico, in un tempo dominato dalla logica del brinkmanship trumpiano – in cui il presidente degli Stati Uniti cambia strategia ogni mattina e ogni suo tweet può rovesciare un’alleanza – fissare un orizzonte come settembre appare grottesco. Con il ritmo odierno, dettato da pulsioni istantanee e politiche-lampo, settembre è un secolo.
Un riconoscimento condizionato è la resa della politica
La creazione di uno Stato non può essere usata come un’arma negoziale, come oggi si fa con le sanzioni contro la Russia o le minacce diplomatiche contro l’Iran. O si riconosce la Palestina senza condizioni, o non la si riconosce. Ma trasformare questa scelta storica in un “se allora” è una resa della politica. In questo senso, è stato coerente il presidente francese Emmanuel Macron, che ha dichiarato apertamente la volontà della Francia di riconoscere lo Stato palestinese. Una mossa controversa, ma chiara. La posizione del Regno Unito, invece, è ambigua, cerchiobottista e pavida. È dal secondo dopoguerra che i palestinesi tentano di costituirsi come Stato, dopo aver perso il conflitto con Israele nato dal rifiuto, da parte del mondo arabo, del piano ONU del novembre 1947 che prevedeva la creazione di due Stati, uno arabo e uno ebraico. Dopo 77 anni, siamo ancora al punto in cui il riconoscimento della Palestina dipende da un calendario, da una tregua, da un “forse”. Strano che quasi nessuno l’abbia detto: se i princìpi del diritto internazionale significano qualcosa, una tale proposta, più che diplomatica, è imbarazzante.