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Lo sguardo libero
Xi Jinping in Italia? Una “distrazione” del nostro Paese in politica estera
Foto: LaPresse

Come è possibile accogliere un simile dittatore con tutti questi onori? Lo dice un amico commentando il trattamento tributato dal nostro Paese a Xi Jinping, presidente - a vita, essendo stato abolito nel 2018 il limite dei due mandati - della Cina, segretario del partito unico comunista  e  capo dell’esercito, giunto in Italia per firmare la "Nuova Via della Seta".

Si spera che tale decisione sia stata una “distrazione” dell’Italia (tutti possono sbagliare), unico Stato del G7 ad aver firmato il memorandum, mentre la Ue medita di adottare una sorta di Golden power europea, uno scudo contro l’invasione economica della Cina. L’Italia, prima di sottoscrivere il  documento para-politico, si è chiesta: “I nostri alleati storici (Usa, Regno Unito,  Francia, Germania) anche loro mettono la firma? Se non lo fanno, perché?”.

Ha detto bene il capo dello Stato Sergio Mattarella, che l’intesa debba basarsi sui  valori irrinunciabili di trasparenza, sicurezza ed equità. D’accordo sulla sicurezza. Tuttavia si può trattare di equità e trasparenza con un Paese dove vigono il partito unico e il controllo sulla stampa e  un miliardo e 400 milioni di persone deve pensare allo stesso modo. Si è a ragione sostenuto che la "Nuova Via della Seta" sia bi-direzionale. Nondimeno si può non essere sopraffatti e quasi inevitabilmente assoggettati  da un’economia di Stato, dove non c’è concorrenza e il sistema rema compatto in una direzione espansiva? Si ricordi che il regime di Pechino ha come obiettivo quello di diventare la prima potenza economica del pianeta, come minimo, nel 2050. Fondamentale anche auspicare, come ha ancora affermato il presidente Mattarella, un confronto sui diritti umani. Eppure questo tema è non di domani, ma di oggi. Lo si chieda a uno solo di quel milione di  individui, stimati da Amnesty International, detenuti in campi di rieducazione per le minoranze etniche. Lo si domandi agli  uiguri, la popolazione musulmana dello Xinjang, o ai tibetani  o ai i cristiani o ai dissidenti politici perseguitati. La Cina non ha mai conosciuto la democrazia, difficile una virata verso di essa se si asseconda così il regime comunista. Mai arrendersi però, nessun popolo, come asserisce Dario Fertilio - giornalista, scrittore e tra i fondatori di “Memento Gulag” - è indegno della democrazia: anche i cinesi, prima o poi, ne assaporeranno  i benefici.

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