Culture

Informarsi in pandemia? Ansia e confusione per un italiano su due

 

Roma, 23 apr. (askanews) - Confusione, ansia ed eccesso di informazioni, l'ormai nota infodemia. Sono i problemi con cui molti cittadini hanno dovuto fare i conti durante la pandemia nel tentativo di restare informati: per un italiano su due, il 49,7%, la comunicazione sul Covid-19 è stata "confusa", per il 39,5% "ansiogena", un dato che sale al 50% tra i più giovani, e per il 34,7% "eccessiva"; solo un 13,9% della popolazione (mille intervistati sopra i 18 anni) l'ha ritenuta "equilibrata". È quanto emerge dal Rapporto Italcommunications-Censis intitolato "Disinformazione e fake news durante la pandemia, il ruolo delle agenzie di comunicazione" e presentato ufficialmente nella Sala Zuccari del Senato.In base alla ricerca, le agenzie di comunicazione potrebbero quindi rappresentare un argine contro la cattiva informazione:"Il ruolo delle agenzie di comunicazione è quello di costituire un argine contro la cattiva informazione. In questo senso possono farlo insieme con le fonti legittimate, quelle che devono esercitare anche un controllo di responsabilità editoriale, possono essere i telegiornali o i giornali. Grazie a questo argine si può avere quella che è la comunicazione libera e indipendente", ha spiegato Domenico Colotta, presidente Assocomunicatori e fondatore Ital Communications.In Italia sono attive 4389 agenzie di comunicazione, dove lavorano 8311 professionisti (una media di 1,9 addetti per impresa), realtà aziendali in crescita negli ultimi anni (+12.5% dal 2015 al 2020) e aumentate nell'annus horribilis dell'epidemia sanitaria.Per capire bene le regole da seguire durante la pandemia, 50 milioni di italiani hanno cercato informazioni da diverse fonti, informali e non: al primo posto i media tradizionali (38 milioni di italiani), a seguire siti internet di fonte ufficiale (26 milioni di italiani) e al terzo (circa 15 milioni di italiani) i social network, secondo il rapporto."La pandemia ha portato a due processi concomitanti: il primo è la vittoria della comunicazione sull'informazione. Abbiamo comunicato, abbiamo comunicato tutto: i morti, i feriti, le pandemie, le realtà locali, la Basilicata, Bergamo, abbiamo comunicato tutto, che abbiamo informato i cittadini invece è un problema", ha sottolineato Giuseppe de Rita sociologo e presidente del Censis."Abbiamo preferito la comunicazione all'informazione. Certo che è più facile fare comunicazione: basta una fotografia impressiva e tu comunichi la paura, la disperazione, comunichi l'anziano che non ha salutato il figlio, comunichi, però crei emozione e molto spesso con l'emozione crei anche consenso, però abbiamo esagerato. Abbiamo esagerato a fare comunicazione emotiva", ha aggiunto. "Questi meccanismi di intermediazione fra comunicazione e informazione, fra livello alto e livello basso anche della comunicazione creano un vuoto, dove le agenzie possono avere uno spazio, perché possono essere loro quelle che intermediano", ha spiegato De Rita.E poi ci sono le fake news che hanno letteralmente spopolato in rete durante l'emergenza sanitaria e che hanno colpito il 57% degli italiani (29 milioni) - secondo la ricerca - in merito, ad esempio, alle modalità di contagio o alle cure per il Covid-19:"La fake news ha una sua doppia forza: la prima è falsa, ci si può cadere, la seconda, che è ancora più pericolosa è che si fanno circolare le fake news ancora più virali, è la viralità del messaggio che è importante", ha concluso De Rita.