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Coronavirus, Coldiretti: "Natale senza cenoni costa 5 miliardi"

Coronavirus, Coldiretti: "Natale senza cenoni costa 5 miliardi"

Per ora è solo una eventualità ma fa paura lo stesso: quello di un Natale contingentato causa Covid. E' Coldiretti a lanciare l'allarme: Natale senza pranzi e cenoni costa almeno 5 miliardi, gli stesso spesi lo scorso anno dagli italiani, in casa e fuori, solo per imbandire le tradizionali maxi tavolate delle feste di fine anno. E' quanto emerge da una analisi Coldiretti/Ixè che risponde così a stretto giro di posta alle parole con cui il premier, Giuseppe Conte, oggi ha introdotto il tema: "non immagino feste natalizie con baci e abbracci, cenoni e tombolate".

CORONAVIRUS: CGIA, IN 2020 OGNI ITALIANO PERSO QUASI 2.500 EURO

A causa del Covid, quest'anno, ogni italiano perderà mediamente quasi 2.500 euro, precisamente 2.484, con punte di 3.456 euro a Firenze, di 3.603 a Bologna, di 3.645 a Modena, di 4.058 a Bolzano e addirittura di 5.575 euro a Milano. A stimare la contrazione del valore aggiunto per abitante a livello provinciale ci ha pensato l'Ufficio studi della Cgia che ha stimato anche un altro dato particolarmente allarmante: il Sud, infatti, anche se subirà una riduzione del Pil più contenuta rispetto a tutte le altre macro aree del Paese (- 9%) vedrà scivolare il Pil allo stesso livello del 1989. In termini di ricchezza, pertanto, ''retrocederà'' di ben 31 anni. Su base regionale Molise, Campania e Calabria torneranno dunque allo stesso livello di Pil reale conseguito nel 1988 (32 anni fa) e la Sicilia nientemeno che a quello del 1986 (34 anni orsono).

I dati, comunque, avvertono gli artigiani mestrini, sono "sicuramente sottostimati": aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono conto degli effetti economici negativi che deriveranno dagli ultimi Dpcm che sono stati introdotti in queste ultime due settimane. "Con meno soldi in tasca, più disoccupati e tante attività che entro la fine dell'anno chiuderanno definitivamente i battenti rischiamo che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale. Soprattutto nel Mezzogiorno, che è l'area del Paese più in difficoltà, c'è il pericolo che le organizzazioni criminali di stampo mafioso cavalchino questo disagio traendone un grande vantaggio in termini di consenso", commenta il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo . La Cgia dunque chiede di imboccare la strada per cui si sosterranno "con contributi a fondo perduto non solo le attività che saranno costrette a chiudere per decreto, ma anche buona parte delle altre, in particolar modo quelle artigianali e commerciali, che, sebbene abbiano la possibilità di tenere aperto, già da una settimana denunciano che non entra quasi più nessuno nel proprio negozio". E a fronte di una "massiccia iniezione di indennizzi" nel breve periodo, è invece "indispensabile", nel medio -lungo periodo, una "drastica riduzione delle tasse alle famiglie e alle imprese per far ripartire sia i consumi che gli investimenti". La preoccupazione d'altra parte riguarda la tenuta occupazionale: con l'introduzione del blocco dei licenziamenti, quest'anno gli occupati scenderanno di circa 500 mila unità. In termini percentuali sarà sempre il Mezzogiorno l'area del Paese a subire la contrazione più marcata: (-2,9% pari a -180.700 addetti) mentre saranno Sicilia (- 2,9%), Valle d'Aosta (-3,3 %), Campania (- 3,5%) e Calabria (-5,1%), le regioni più ''colpite''. Tra tutte le 20 regioni monitorate dall'Ufficio studi della Cgia, solo il Friuli Venezia Giulia, invece, parrebbe registrare una variazione positiva (+0,2%), pari, in termini assoluti, a +800 unità.

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