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Coronavirus
Delta, Lambda e Super Delta: tutte le varianti e perché non andare nel panico

Bisogna essere fiduciosi “la fine della pandemia da Coronavirus 2019 (COVID-19) è in vista”, spiega la ricerca “Walking down the memory lane with SARS-CoV-2 B cells”, pubblicata il 6 agosto scorso dal Wiley Journals, portale di raccolta di migliaia di studi apparsi su tutte le più prestigiose riviste di settore nel mondo.

“Un immunità permanente” non è ancora ottenuta ma sia con l'azione anticorpale delle cellule delle persone che hanno incontrato il virus e sono guarite sia con l'uso dei vaccini che inducono un'immunità in chi si è fatto inoculare il siero questa è la chiave per uscire dalla pandemia.

Resta in campo il problema delle varianti. Ma l'incrocio di decine di ricerche fa riflettere su un quadro che non andrebbe esagerato, con allarmismi privi di fondamento e ancora meno di prove scientifiche.

I virus mutano continuamente, creando varianti, con cambiamenti nella maggioranza dei casi irrilevanti. Alcuni addirittura danneggiano il virus. Altri possono renderlo più aggressivo, infettivo o minaccioso nella manifestazione della malattia: queste mutazioni tendono a dominare le altre imponendosi. Ma l'emergere di nuove varianti del virus a RNA non è insolito e le varianti del Coronavirus iniziale non sono diverse dal ceppo originario. Con una maggiore replicazione del virus, diamo al Coronavirus una maggiore possibilità che si verifichino mutazioni, da qui le nuove varianti. Alcuni scienziati sostengono che la strada da seguire è la vaccinazione di massa che limitando la diffusione del virus ne riduce l'impatto e quindi l'effetto delle varianti, altri che la vaccinazione di massa durante la pandemia acceleri il processo di mutazione, altri ancora che la vaccinazione di massa faciliti la nascita delle varianti.

Secondo il CDC, organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d'America, ad oggi negli Usa non sono state identificate varianti ad alto rischio. Anche se bisogna stare attenti alle varianti B.1.1.7 (Alpha), B.1.351 (Beta), B.1.617.2 (Delta) e P.1 (Gamma). Dopo le varianti Beta e Gamma è salita alla ribalta la variante Delta, che ha un 60% in più di trasmissibilità rispetto alla variante Alpha. La variante Delta è principalmente responsabile della "seconda ondata" in 98 Paesi in giro per il mondo. Trattamenti con anticorpi monoclonali, molto diffusi negli States per curare il Covid, sono risultati meno efficaci contro questa variante.

La variante Alpha è stata tracciata per la prima volta nel Regno Unito (nel Kent), la variante Beta in Sudafrica, la Gamma in Brasile, la Delta in India. Non ci sono prove che la Delta, o una qualsiasi delle altre varianti, causino malattie più gravi per la stragrande maggioranza delle persone. Come con la Sars-Cov-2 originaria, il rischio rimane più alto per le persone che hanno altre patologie concomitanti e per le persone anziane.

In questo momento la variante che per diffusione e aggressività potrebbe risultare dominante è la Delta Plus: anche lei risulta resistente ai cocktail di anticorpi monoclonali.

Sul campo vi è anche la variante Lambda che è stata rilevata già nel dicembre 2020 a Lima, in Perù ed è stata segnalata nel 90% di tutti i casi in quel Paese. Attualmente, più di 44 Paesi l'hanno rilevata. Inizialmente con tassi di infezione lenti ora è diventata più veloce nella trasmissione. L'aumento dell'infettività della variante Lambda, ma così è stato anche per la Delta, ha messo in in alcuni casi in discussione l'efficacia dei vaccini. Non ci sono ancora dati davvero completi sull'efficacia contro queste varianti. "Attualmente ci sono più di 1.300 sequenze Lambda (C.37) negli Stati Uniti al 4 agosto 2021”, ha recentemente rivelato a Newsweek un portavoce dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Non bisogna comunque andare nel panico.

Il quadro fa pensare che le eventuali nuove ondate saranno meno letali del passato se impariamo da quelle già avvenute, incorporiamo le informazioni appena acquisite e non concentriamo le cure nelle fasi in cui la malattia è già diffusa nell'organismo. Col virus bisognerà convivere e prevenirne l'azione, come si fa normalmente con altre infiammazioni per evitare che degenerino in eventi più gravi.

“Il virus è ormai endemico, asintomatico nel 90-95% dei casi e potrebbe essere efficacemente affrontato con cure tempestive”, ha spiegato il virologo italiano Giulio Tarro. “La quarta ondata non esisterà se si interviene con profilassi a monte come hanno fatto a Wuhan su 10 milioni di abitanti”, ha spiegato il professore riferendosi a test (tamponi) a tappeto per isolare il virus e ridurlo a zero. Azione ottenuta con successo.

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