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Coronavirus
L'obbligo del green pass per lavorare è incostituzionale

Il decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Come oramai ben noto, dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 tutti i lavoratori del settore pubblico e privato dovranno dotarsi del green pass, che viene rilasciato dal Ministero della Salute al sussistere di una delle seguenti condizioni: vaccinazione con entrambe le dosi, ove previste, per la durata del certificato di 12 mesi; guarigione dalla Covid (in tal caso è prevista una sola dose, se necessaria a seconda degli anticorpi), con durata di 9 mesi; tampone con esito negativo valido per 48 ore (72 ore, come previsto dalla legge di conversione del decreto-legge di agosto, ma solo a seguito di tampone molecolare).  Lascia perplessi che l’immunità acquisita col vaccino duri di più di quella naturale perché è accertato scientificamente che vale la cosa opposta, ancor di più sorprendente è la disposizione di cui all’art. 5 del decreto, che consente il rilascio del green pass anche ai vaccinati risultati positivi dopo la vaccinazione. Una specie di licenza ad infettare per i vaccinati?

C’è però un ulteriore aspetto che lascia altrettanto perplessi. Il decreto-legge in questione prevede che le disposizioni in esso contenute entrino in vigore a partire dal 15 ottobre, cioè quasi un mese dopo la sua approvazione da parte del Consiglio dei Ministri. Sul punto, l’art. 77 della Costituzione prevede che “in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge”, i cosiddetti decreti-legge, i quali “perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”. Dov’è l’urgenza richiamata dal dettato costituzionale se un decreto-legge contiene misure che entrano in vigore quasi un mese dopo? È evidente, a nostro parere, che il governo abbia valicato i limiti delle sue attribuzioni costituzionali, sconfinando nell’“eccesso di potere”, sindacabile soltanto dal Parlamento in sede di conversione in legge del decreto, dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione del decreto e infine dalla Corte costituzionale. 

Le conseguenze di questo decreto per la vita dei lavoratori sono piuttosto pesanti.  

Per i dipendenti pubblici e privati, infatti, nel caso in cui il lavoratore “comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro”, la sanzione è connessa all’istituto dell’assenza ingiustificata, dunque “per i giorni di assenza ingiustificata […] non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento”, tuttavia “senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro” (art. 1, co. 6 e art. 3 co. 6 del decreto).

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