Coronavirus, “Ho affrontato la Sars a Pechino. Ma non scappo in Puglia" - Affaritaliani.it

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Coronavirus, “Ho affrontato la Sars a Pechino. Ma non scappo in Puglia"

Lo stilista brindisino Antonio Maria Martini, già direttore creativo di Oleg Cassini negli Stati Uniti d’America, racconta la sua esperienza del 2003 in Cina e l’attuale situazione in Italia. Con qualche dubbio sul virus che forse i cinesi avevano già scoperto a ottobre dello scorso anno: mi hanno annullato tutti gli impegni da ottobre a dicembre 2019

 

di Antonio Maria MARTINI*

Sono a Milano, vivo a Milano, non ho avuto neppure per un attimo la tentazione di prendere il treno o un altro mezzo di trasporto per dirigermi verso Brindisi, la mia città di origine, quando domenica sera  si è avuta la notizia che stava per arrivare il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che bloccava l’entrata e l’uscita dalla intera Lombardia e dalle province limitrofe. Le difficoltà vanno affrontate c on le giuste strategie e i necessari accorgimenti, non con decisioni affrettate. D’altro canto ho affrontato in Cina l’esperienza della Sars, un virus tipo il Coronavirus,  all’inizio del 2003 e quindi per me quella di vivere in una città blindata non è una esperienza nuova.

Nel 2003 abitavo a Pechino da più di 10 anni. E lì ho avuto modo direttamente  sulla mia pelle ,di vivere dall’interno,l’esperienza della Sars, con la mia ex moglie,le mie due figlie, Giada di 6 anni ed Ada di 30 mesi. Avevo comprato una appartamento in un  residence  dove vi era dalla piscina olimpionica al bagno turco, alla palestra, al cinema, alla sale per  giocare a carte e a  majian,(un gioco molto popolare in Cina).Dopo le 17,al rientro dal lavoro,era un conforto gradevole e rilassante,e necessario per rigenerarsi delle giornate faticose.

Si stava veramente bene,quando cominciarono ad arrivare notizie in forma ufficiosa di un virus..contagioso che si stava  diffondendo tra Hong  Kong (ex colonia inglese,tornata alla Cina nel1997  e la regione limitrofa di Canton). Sembrava tutto tranquillo,finché un giorno trovammo il centro benessere chiuso con una generica scritta…”motivi amministrativi”. La sera dello stesso giorno,  su tutti i 13 canali di allora della CCTV (ChinaCentralTelevision) che ora conta 100 canali, diffusero la notizia che ,per motivi precauzionali non ci si poteva sposare, tutte le attività sociali venivano sospese,convegni,manifestazioni. Comparve la parola Sars.  La vita a Pechino in quel periodo non era differente da adesso: si restava in casa, scorte alimentari in quantità, strade vuote, aziende chiuse. Una esagerazione ma ti paventavano la morte e non la vita.

Antonio Maria Martini foto
 

Spaventato per le mie figlie in tenera età decisi in due settimane di trasferirmi in Italia ,a Perugia dove, avevo considerate, avrebbero proseguito gli studi. Così spedii a Perugia  due container da 40piedi. A Perugia  misi su un’attività di vendita di Cashmere, continuando in parte quello che facevo in Cina dove tra l’altro lavoravo come stilista mettendo in pratica ciò che avevo imparato negli anni Settanta e Ottanta come direttore creativo di Oleg Cassini, negli Stati Uniti.

 Andava tutto bene a Perugia,finché  la mia ex moglie,in preda ad una incontrollabile depressione, alla fine del 2008 ritiro’di nascosto le ragazze da scuola, dicendo loro che sarebbero andate a passare il capodanno cinese  in Cina e poi tornare…non tornò più. Per stare insieme alla mie figlie  sono stato io a ritornare in Cina. Da separato.  

  Oggi le mie figlie Giada, 24 anni a maggio, già plurilaureata, e Ada, 20 anni compiuti e iscritta alla Iulm vivono  in Italia insieme a me e affrontano questa situazione del coronavirus con molta più apprensione di me. Io cerco di tranquillizzarle,sdrammatizzare, ma loro che attraverso le loro app e socialmedia come Wechat, (Facebook,whatsapp e Google,sono vietati in Cina) e I contatti in Cina con amici,conoscono bene la drammaticità ’della situazione e sono molto spaventate. Cerco di assecondarle (non mi fanno uscire,non mi fanno fumare, niente zuccheri,niente sale, amorevolmente segregato).

   Il coronavirus a Milano a mio parere è sovraccarito di eccessive paure. In casa abbiamo fatto scorte per mesi, su pressione delle mie figlie: 170 litri di acqua, 14 chili di pasta, etc. Mia figlia Giada lavora da casa,mia figlia Ada alcuni giorni fa, prima del blocco, e’ andata dalla madre in Germania, spaventata. Io che non amo stare fermo,che penso a quanto accade nei tre continenti e non posso fare niente,sono stato preso da un infarto a fine febbraio e curato alla Cardiologica Monzino, a Milano,eccellenza vera italiana,sotto ogni aspetto. Mi hanno rimesso in sesto. Il coronavirus, non mi fa paura, mi comporto seguendo le indicazioni degli esperti, niente di più e nessuna voglia di scappare da Milano.

Una riflessione personale mi sento di fare su ciò che accaduto e sui tempi di apparizione in Cina del Coronavirus. Sono stato in Mongolia all’inizio di settembre del 2019 per un summit sul cashmere e a Pechino dal 5 settembre al 5 ottobre. Lì mi hanno prima rimandato e poi cancellato gli impegni di metà ottobre, novembre e dicembre. Una cosa mai verificatasi prima. Per me ciò che è accaduto dopo era già nell’aria.

In Cina come in Italia il vero dramma è il lavoro ,essendo ogni attività sospesa, tutti gli impegni sono stati cancellati con forti. A me personalmente  l e autorità hanno aperto l’appartamento che ho in affitto a Pechino, per disinfettarlo e a dire di persone a me vicine….sono spariti,carte di lavoro,cappelli,scarpe,abiti,cappotti,giacche,l’intero guardaroba che generalmente  mantengo

Inoltre la cosa peggiore che alcuni progetti in parte finanziati,sono rimandati o saranno cancellati. Non è un bel momento, ma mai fermarsi!!!La bellezza e non la  fede ci salverà. ’Vedo un futuro per gli Italiani,ma ahimè non per lItalia.

                                                                                            *designer, ex direttore creativo di Oleg Cassini