Cronache
Anna Frank: indignazione non basta a curare malattia antisemitismo
Anna Frank, simbolo della Shoah, ridotta a figurina Panini con la maglia giallo-rossa
Una delle menti più vivaci acute, oneste della lotta al nazismo-fascismo, l'azionista Vittorio Foa, di cui ricorre ormai il decennale della morte, ammoniva: "[...] mi preoccupa che sorga l’occasione della negazione dei fatti, che con il passare del tempo si buttino via i fatti. Questo è intollerabile. I fatti non possono essere annullati, devono essere sempre richiamati".
E l'occasione della "negazione dei fatti", quel che è stato l'antisemitismo nazista, virus mentale che dilaga indisturbato, si è riproposta drammaticamente, ancora una volta, con l'abominevole stravogimento dell'immagine di Anna Frank, simbolo della Shoah, ridotta a figurina Panini con la maglia giallo-rossa, da parte di una quindicina di giovani ultras della Lazio, tra cui un tredicenne.
Per "non buttar via i fatti", occorre togliersi di dosso la falsa raffigurazione del "bravo italiano", costruita per cancellare l'antisemitismo fascista: le Leggi Razziali del '38 precedute dal Manifesto della Razza poi la "caccia agli ebrei" aperta dalla Repubblica Sociale di Salò (Rsi) con la Guardia Nazionale Repubblicana (Gnr), all'inizio degli anni '40 e fiancheggiata dalle bande nere autonome, dalla Banda Kock, che operava a Roma e dalla Banda Carità che operava a Firenze.
L'illuminante monito di Foa, insieme alla limpida critica al nascondimento dei crimini consumati con la campagna d'Africa voluta dal Duce: "non si è trattato di una rimozione in senso psicoanalitico [ma] di una comoda e delittuosa cancellazione della storia", può, così, fornire, essere l'antidoto al malefico virus mentale dell'antisemitismo, anche per non disperdere il moto d'indignazione generale già sperimentato in passato, ma questa volta più forte delle precendenti.
L'antisemitismo nazista e fascista, di fronte al quale viene spontanea la considerazione: non si pensa mai a come curare la malattia [dell'antisemismo], come ha fa oggi sul Fatto quotdiano, Marcello Pezzetti uno dei massimi studiosi dell'Olocausto, perchè di questo si tratta, non di una 'ragazzinata' o di una 'sceneggiata', si possono 'curare' a patto di non negare i fatti, la storia, quanto realmente accaduto: "la memoria non è soltanto la ripetizione delle domande di ieri - concludeva Foa -. La memoria è soprattutto il proporre delle domande nuove".
E "una domanda nuova" può essere: il racconto diffuso a Liberazione dal nazifascismo appena avvenuta di un 'cattivo tedesco' e di un 'bravo italiano', fu veritiero o fu un'escamotage per 'assolvere' da crimini, stragi e violenze, commesse nel Ventennio e rimaste impunite, quanti aderirono al fascismo, ricoprendo anche ruoli di primo piano, perchè obbligati dal 'cattivo tedesco'?
Alla sensata domanda rispondono i saggi di due storici: 'Il cattivo tedesco e il bravo italiano - La rimozione delle colpe della Seconda Guerra Mondiale' di Filippo Focardi e 'Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana' di Davide Conti, che saranno presentati domani a Roma alla Biblioteca Nelson Mandela, proprio perchè i conti con il passato fascista, con il Regime del Ventennio, non sono stati fatti e questo pesa tuttora.