Cronache

Baby-killer, giustizia troppo docile: serve il pugno di ferro

L'opinione di Elisabetta Aldrovandi*

Punire un ragazzino per un reato non significa fargli del male, ma esattamente il contrario

Criminalità giovanile, giustizia troppo docile: serve un cambio di passo 

C’è molto più di qualcosa di sbagliato, nel modo in cui stiamo crescendo le nuove generazioni. I recenti fatti di cronaca, che si susseguono uno via l’altro senza soluzione di continuità in una preoccupante escalation di gravità, dimostrano con incontrovertibile chiarezza che l’approccio di sottovalutazione delle condotte adolescenziali violente e l’abuso del perdono, sociale e giudiziale, usato a pioggia come strumento di deresponsabilizzazione degli adulti nei confronti di figli cresciuti male, non funzionano. 

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Dai ragazzini che sparano pallini di gomma all’insegnante durante la lezione riprendendo tutto col cellulare e diffondendo il video allo scopo di diventare “virali”, promossi a fine anno col nove in condotta; a quelli poco più grandi che intraprendono sfide acchiappa “like” e acchiappa soldi, guidando per 50 ore un’auto di grossa cilindrata e sfrecciando a oltre 120 km orari dove c’è il limite dei 30, provocando un incidente in cui è morto un bambino, ma che i genitori difendono perché è stata solo una “bravata”; ai due sedicenni arrestati per aver ammazzato di botte un senzatetto, riprendendo le violenze col cellulare e che già, sempre sui social, avevano manifestato la loro indole violenta.

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