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Cronache
Borsellino, chiesta la condanna di tre poliziotti. "La Barbera centrale"

Depistaggio Borsellino: la Procura generale chiede la condanna di tre poliziotti

La condanna a 11 anni e 10 mesi per Mario Bo e a 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, i tre poliziotti accusati di calunnia aggravata per il depistaggio successivo all'omicidio di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta., è stata chiesta dal Procuratore generale di Caltanissetta Fabio D'Anna al termine della requisitoria fiume nel processo sul depistaggio sulla strage. I tre ex appartenenti al pool investigativo "Falcone-Borsellino", diretto dal questore Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, sono accusati di aver costruito a tavolino falsi pentiti, inducendoli a mentire, per depistare le indagini sulla strage di via D'Amelio. Alla sbarra tre poliziotti accusati di concorso in calunnia aggravata dall'avere agevolato Cosa nostra. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, aveva dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D'Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo.

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"Figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti, chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado. Perché al di là delle frasi ad effetto mi piacerebbe capire cosa dovrebbe fare un pubblico ministero quando c'è l'ipotesi di un'azione delittuosa concorsuale nel momento in cui la figura centrale è deceduta.
Dovremmo archiviare anche per gli altri? E nemmeno si possono omettere tutte le argomentazioni che riguardano la figura centrale". Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale, iniziando la sua requisitoria nel processo sul depistaggio.
"Dobbiamo partire - ha continuato Bonaccorso - dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l'immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Alla scorsa udienza ho iniziato la requisitoria parlando dell'anomala collaborazione, per non dire inquietante, tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini.

Questa collaborazione nasce dall'ostinazione del dottore Tinebra, allora procuratore di Caltanissetta, che all'indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l'attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l'attività della Squadra Mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune". Vincenzo Scarantino era definito come un "picciotto" del quartiere della Guadagna che si occupava all'epoca di furtarelli e sigarette di contrabbando
"Fondamentale è il tema dell'agenda rossa. Abbiamo una serie di fonti dichiarative che ci confermano l'importanza per Borsellino di questa agenda rossa. In questa agenda lui annotava una serie di riflessioni sulla strage di Capaci nella speranza di essere sentito a Caltanissetta".
"La signora Agnese Piraino Borsellino - ha continuato Bonaccorso - ha spiegato che, nella certezza di essere ucciso, Borsellino aveva cominciato a usare due agende, quella grigia e quella rossa, dove annotava sue riflessioni. Il secondo dato è la presenza dell'agenda rossa nella borsa di Borsellino il 19 luglio 1992. Abbiamo sul punto le dichiarazioni della dottoressa Borsellino che ci dice: papà aveva tre agende, una marrone, dove metteva qualche dato e numeri di telefono, l'altra grigia, dove annotava alcune cose, e quella rossa che per lui era importantissima.

Quella mattina aveva portato l'agenda con sé perché non verrà ritrovata a casa dei familiari. In macchina venne accompagnato dal figlio Manfredi che gli porta la borsa e gliela consegna. E l'agenda era in quella borsa. Quando Borsellino scende dalla macchina in via D'Amelio non ha con sé in mano l'agenda rossa. Primo perché lui guida la macchina e poi dalle testimonianze emerge che il dottore Borsellino, prima di andare a citofonare alla madre, si accende una sigaretta.
 Quindi aveva in una mano la sigaretta e nell'altra l'accendino, quindi non poteva avere l'agenda in mano. Altro dato su quale abbiamo certezza è l'inesistenza di una seconda borsa di Borsellino". "Altro dato significativo - prosegue è che questa agenda non è stata più trovata, quindi qualcuno se n'è appropriato.
E non è qualcuno di Cosa Nostra. Perché non è pensabile che sulla scena della strage ci fossero dei mafiosi intervenuti per appropriarsi dell'agenda rossa. Altro dato è che la borsa ricompare nella stanza di Arnaldo La Barbera a mesi di distanza, in maniera irrituale, senza che sia stato fatto un verbale di sequestro, e soprattutto viene riconsegnata in maniera irrituale alla famiglia di Borsellino".

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