Carceri: Castellano, 'scongiurare pene detentive e ripensare gestione ospiti'
Carceri: Castellano: 'E' l'unica via per ridare loro dignità'
Carceri, Lucia Castellano: "A mio avviso l'insensatezza del carcere va combattuta". Ecco la sua ricetta
"A mio avviso l'insensatezza del carcere va combattuta riducendo drasticamente il ricorso a questa forma di risposta punitiva. Oggi, grazie anche alla riforma Cartabia, abbiamo tutti gli strumenti per farlo". E' quanto sottolinea Lucia Castellano, provveditrice generale delle carceri campane, in un suo intervento pubblicato su La Stampa. "Sotto i 4 anni di pena, in carcere non ci si dovrebbe finire, in sintesi. Sappiamo anche che così non è - prosegue -, ci sono migliaia di persone che devono scontare anche solo un anno e sono dentro. I 15 istituti di pena della mia regione soffrono di gigantismo (il 'monstrum' è rappresentato da Poggioreale, con i suoi 2.150 ospiti), e di nanismo (penso a Eboli, che ne ha solo 37). Con tutta la buona volontà possibile riesce davvero difficile garantire condizioni di vita dignitose e una quotidianità costituzionalmente orientata a più di 2.000 persone recluse in un unico posto, per di più dagli spazi estremamente angusti".
"La distribuzione dei detenuti, l'organizzazione di circuiti detentivi che consentano una vita dignitosa e un contatto costante con il territorio è impresa titanica, ma è il primo elemento su cui si misura il senso e la dignità della carcerazione. Significa provare a dare un'identità, non solo nominale ma anche sostanziale a ciascun istituto, pretendendo, innanzitutto, una distribuzione omogenea di persone all'interno (non troppe, né troppo poche) e poi un'offerta potente di opportunità lavorative, formative e di contatto con il territorio, che renda sensato il tempo detentivo", evidenzia Castellano a giudizio della quale "la sfida per una ritrovata identità parte dal territorio", il rapporto tra quest'ultimo e il carcere "deve essere quello di due vasi comunicanti, o non se ne esce".
"Lavorare sul sistema regione - aggiunge - è la prima, difficile sfida, che consiste nel tentativo di ridurre il numero di ospiti a Poggioreale (dove, proprio oggi, si è consumato l'ultimo suicidio, un ragazzo di 30 anni detenuto per spaccio, fine pena 2026) e di proporre, calibrando bene esigenze di sicurezza e di reinserimento sociale, percorsi detentivi quanto più possibile disegnati sulla storia delle persone detenute". Infine, "va costruita una quotidianità penitenziaria che riduca al massimo l'afflittività aggiuntiva, fatta di giornate sempre uguali, di regole non spiegate e spesso incomprensibili, di mancanza di scopo e di prospettiva del tempo detenuto".
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