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Cronache
Coronavirus, mascherine introvabili. Ma c’è chi si organizza e le dona.

In attesa che il governo cambi di nuovo l’autocertificazione e opti per una versione a colori, casomai fucsia a pallini, le mascherine non si vedono. Siamo il Paese più aggredito dal Coronavirus, ma la popolazione ne è rimasta totalmente sfornita. L’Italia è circondata da chi offre mascherine. Al nostro Stato arrivano offerte di ogni tipo ma ospedali, operatori sanitari e farmacie continuano a denunciarne la mancanza. Forse perché in tempo di “guerra”, come l’hanno chiamata, valgono altre regole? Chi è più furbo incassa? 

Fatevi voi un’idea rileggendo l’articolo in un cui un ex parlamentare trova milioni le mascherine ma non è possibile farle arrivare in Italia.

 

Il medico di Medicina Generale della Ausl Bologna Sud Piero Alberto Armocida scrive un appello drammatico: “I medici di Medicina Generale (medici di famiglia) non sono stati riforniti di alcun DPI (dispositivo di Protezione Individuale, ndr), comprese le mascherine, dalle Ausl di competenza. Scrivo come testimone diretto della situazione da Bologna. Come saprete meglio di me più della metà dei sanitari morto per Covid 19 sono medici di Medicina Generale e il motivo è uno: non hanno alcuna protezione. Ieri, parlando con un’infermiera del 118 di Bologna mia amica personale e illustrando il problema mi ha risposto: ‘anche a noi danno le mascherine contate ma se poi ci incazziamo con i nostri dirigenti e minacciamo di non uscire in servizio poi si trovano’. Ecco, vorrei che si trovassero anche per i medici di base che stanno morendo”. 

 

Non ci sono per medici e infermieri. Le mascherine non sono sufficienti neanche per le forze dell’Ordine, che si ammalano o per coloro che fanno pubblico servizio, figuriamoci per chi deve recarsi comunque al lavoro e per i comuni cittadini. 

 

Andrea Padovan, l’imprenditore bolognese di San Lazzaro di Savena a capo della ‘Sartoria di San Lazzaro’ che realizza abiti da sposi, ha spiegato sulla sua pagina Facebook, numeri alla mano, come con 21 centesimi a testa risolveremmo il problema della produzione che necessitano gli italiani: 90 milioni di mascherine al mese. Partendo dal costo del materiale, la lavorazione, la distribuzione ecc...

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“La gente si ammala inalando un virus da naso e bocca e non ha protezioni. Ma come cazzo fate a non aver prodotto le mascherine!? Ci chiamano ospedali, medici, farmacie, forze dell’Ordine, Comuni, tutti senza mascherine”, racconta. “Il 5 marzo ho perso mio padre. Non c’era posto in ospedale per poterlo ricoverare. Mi hanno detto di tenerlo a casa perché lì la situazione era drammatica. Dopo due giorni è morto di stenti. Si sono presentati a casa medici e infermieri, erano in 6, tutti senza mascherina. Allora ho pensato di produrle io e le do in beneficienza. Non ho potuto fare il funerale di mio padre e ho deciso di spendere quei soldi così. Ho attivato i miei contatti e si è creato il ‘movimento delle sartine’. Le realizziamo in Tnt, tessuto non tessuto, e sono lavabili e sterilizzabili, così si possono riusare. Compro a mie spese il materiale, lo do a queste sartine, se ne sono attivate 120 solo a Bologna, che le realizzano. Poi un’agenzia di vigilanza privata si è messa a disposizione per distribuirle, così le portiamo a tutti, forze dell’Ordine, medici, ospedali, gente bisognosa. Ma è paradossale che non si riesca a fare una cosa del genere in tutta Italia. So di gente che ci prova e viene bastonato con burocrazia e permessi”. In pochi giorni Padovan ha distribuito tra i 15.000 e i 20.000 pezzi.

 

In un Paese civile, a 2 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dello stato di emergenza sanitaria (G.U. n°26 del 1 febbraio 2020, dopo la decisione del 31 gennaio 2020), ci si aspetterebbe che lo Stato distribuisca le mascherine casa per casa. In assenza dello Stato dall’Emilia alla Puglia, dal Veneto alla Toscana, dalla Lombardia alla Campania, alla Calabria, spuntano da ogni dove produttori di mascherine che le distribuiscono gratis. In alcuni casi è la Regione a operare, come in Friuli e Veneto. Ma a Roma c’è Pino de la “Sartoria di Torre Maura, nella Locride Graziella Lombardo di Marina di Gioiosa Jonica in provincia di Reggio Calabria, Marta Melis a Capoterra in Sardegna. Sono davvero tanti gli italiani che si stanno “arrangiando”, aiutando gli altri, ripetendo quasi in sincrono il modello di produzione e distribuzione gratuita stile Padovan.

 

“Se sei una persona di talento, questo non significa che hai vinto qualcosa. Significa che hai qualcosa da offrire”, ha scritto su Facebook Renato Bavoso di Altavilla Silentina, parafrasando un pensiero di Carl Gustav Jung. Nel suo piccolo paese, alle porte del Cilento (Salerno), lo hanno preso alla lettera. Un piccolo imprenditore, Remigio Cembalo di ‘Eurodoghedue’ dove fabbrica reti e materassi, ha prodotto e distribuito gratuitamente qualche migliaio di mascherine ai suoi abitanti. “Anche le nostre sono in Tnt, lavabili e sterilizzabili. Basta poco. Dalle forze dell’Ordine alle persone comuni abbiamo provato a diffonderle più possibile. Pago io finché posso. La consegna ai cittadini è avvenuta tramite i volontari locali della Protezione civile.” 

Un’umanità e un realismo così efficaci da rendere ridicolo lo Stato.

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