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Cronache
Decreto Caivano: tanto fumo e niente arrosto. L'analisi del provvedimento

Al netto di grida d’allarme e annunci altisonanti: che cosa c’è di concreto nel decreto “Caivano”

Il Consiglio dei Ministri ha approvato giovedì il decreto legge recante “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”: un pacchetto di norme volte a contrastare e prevenire la criminalità giovanile, già ribattezzato dagli organi di stampa “Decreto Caivano” perché voluto e pensato in risposta alle tragiche violenze che, secondo le prime ipotesi investigative, un gruppo di adolescenti avrebbe perpetrato per mesi nei pressi del Parco Verde del comune napoletano.

Quali sono le misure varate in materia di sicurezza? Quanto sono giustificate le grida d’allarme delle opposizioni che vedono nell’esecutivo uno spietato e ottuso fustigatore di quasi incolpevoli turbe giovanili? Qual è la reale portata innovativa del provvedimento su cui la presidente Meloni ha messo «la faccia» del Governo?

Procediamo a esaminare le principali novità introdotte dal decreto, attenendoci al contenuto del comunicato stampa diffuso sul sito web governativo e seguendone l’ordine.

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Daspo urbano ai minorenni

La prima delle novità elencate dal comunicato rischia di ridursi a una caccia alle farfalle: l’estensione a tutti coloro che abbiano più di quattordici anni dell’applicabilità del cosiddetto “Daspo urbano” (in sintesi: il divieto d’accesso per 48 ore ad alcune aree della città, estensibile a un anno in caso di reiterazione delle condotte), prima attuabile solo nei confronti dei maggiorenni.

Introdotto dai decreti “Minniti” nel 2017 e ampliato dai decreti “sicurezza” voluti dall’attuale vicepremier Salvini nel 2018, uno studio condotto da Federica Borlizzi nel novembre 2022 ha dimostrato come nell’ultimo quinquennio il “Daspo urbano” si sia rivelato tanto diffuso quanto inefficace: 40.252 provvedimenti nei confronti di 19.293 soggetti diversi. Una media di due Daspo urbani da 48 ore per soggetto e migliaia di soggetti che hanno ricevuto il provvedimento in più occasioni, con alcuni casi emblematici, tra qui spiccano quello di un cittadino bangladese che aveva ricevuto il “Daspo” annuale dalla Stazione Termini di Roma soltanto dopo aver subito, dal settembre 2017 al settembre 2021, ben 257 ordini di allontanamento brevi dallo stesso luogo e quelli di due cittadine romene che hanno ricevuto rispettivamente 207 e 184 Daspo urbani.

Escluso lo spaccio, infatti, il Daspo urbano interviene su condotte (esercizio abusivo del commercio o del parcheggio, atti contrari alla pubblica decenza, ubriachezza manifesta) che poco hanno a che fare col fenomeno della delinquenza minorile. Tant’è che finora la misura pare aver colpito prevalentemente senzatetto ed etilisti, categorie antropologiche assai distanti da quei giovani pericolosi contro le cui azioni criminali il decreto Caivano vorrebbe – e dovrebbe – intervenire. Buco nell’acqua? Probabile

Estensione del catalogo dei reati per i quali potranno essere disposte misure cautelari (carcerarie e non) per i minorenni

Forse la novità che ha sollevato le grida d’allarme più preoccupate tra le fila dell’opposizione, ma anche da parte del Garante per l’infanzia: l’estensione della possibilità disporre la custodia cautelare in carcere e l’arresto in flagranza nei confronti dei minori imputati o indagati per delitti non colposi puniti con pena massima pari o superiore ai sei anni di reclusione, a fronte della precedente disciplina che fissava tale limite a nove anni. Questo significa che ora sarà possibile disporre la carcerazione preventiva anche nei confronti di minorenni indagati per furto aggravato e ricettazione, oltre ad altre fattispecie come lo spaccio di lieve entità, la resistenza a pubblico ufficiale e il porto abusivo d’armi cui il Governo ha esteso la possibilità di disporre le misure carcerarie nonostante accedano a pene massime inferiori ai sei anni.

Si “spalancheranno” le porte del carcere per i minorenni? Potenzialmente, i numeri direbbero di sì perché nel 2017, su 31.558 procedimenti a carico di minori identificati, più di 6.000 erano per furto (ma il dato non distingue i furti aggravati dai semplici, né sappiamo per quali ipotesi di furto aggravato sarà prevista la custodia in carcere), 3.310 per produzione o spaccio di stupefacenti, 1.774 per ricettazione e 983 per resistenza a pubblico ufficiale: nel complesso, più di un terzo del totale. Marginali le altre “nuove” ipotesi: 58 i procedimenti per sequestro di persona, 25 per incendio boschivo, 26 per associazione per delinquere, 90 per violenza o minaccia a pubblico ufficiale, 129 per violazioni in materia d’armi (proprio la precedente impossibilità di arrestare un minore trovato in possesso d’armi è stato l’esempio addotto in conferenza stampa dalla presidente Meloni per spiegare l’utilità del decreto, nonostante i casi siano assai pochi).

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