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I segreti di Lapo Elkann: "Mi chiamavano "agnellino". Mio nonno l'Avvocato? Una volta..."
L'imprenditore si racconta, tra teglie incrostate e fughe per vedere le partite con nonno Gianni



Lapo Elkann: "Mio nonno sperava che diventassi ufficiale, ma alla visita..."
Lapo Elkann non parteciperà all'adunata degli Alpini di domenica prossima a Biella, ma lui è stato una "penna nera" e ricorda molto bene il periodo della sua naja a Cuneo tra il 1999 e il 2000: "Sognavo di essere un alpino di truppa, senza privilegi. Mio nonno Gianni, - svela Lapo a Il Corriere della Sera - invece, sperava che diventassi un ufficiale, ma alla "visita" mi hanno scartato per i tatuaggi. Un colpo di fortuna e così sono diventato una "penna nera". Car a Belluno, poi a Cuneo, come Peppino Prisco, persona che ho stimato moltissimo, nonostante la differente fede calcistica. E come Totò, anche se quella del "Principe della risata" forse è solo una leggenda. Infine l’ultimo periodo a Bousson, in montagna con il gruppo sciatori, sempre nella Taurinense. Di cui sono onorato di aver fatto parte".
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"All’epoca - prosegue Lapo a Il Corriere - non mi conosceva praticamente nessuno e in pochi associavano il mio cognome a quello degli Agnelli. Nei primi mesi di naja è stato così ed è stato un vantaggio. Potevo essere uno come tutti gli altri. Poi la voce si è sparsa e non è stato più lo stesso. Qualcuno mi ha preso di mira, c’era un sottufficiale che mi chiamava "agnellino". C’erano gerarchie e regole, bisognava stare al gioco. Mi hanno “sbrandato”, certo. E quando facevo male il letto — praticamente sempre all’inizio, poi ho imparato — dovevo fare qualche flessione. Però, ripeto, il clima è sempre stato di “fratellanza” e gli anziani, più che nonni, erano fratelli maggiori.
"I ricordi brutti - continua Lapo - sono quelli in mensa, invece. Era il servizio più duro, molto meglio marciare in montagna. Una volta ero di turno per tutto il fine settimana. Avrei dovuto fare il piantone, ma non sarei potuto uscire dalla caserma alla sera. Allora cambiai il servizio con un commilitone per andare a vedere una partita di calcio con mio nonno e poi rientrare per il contrappello. Mi toccò lavare decine di teglie incrostate e centinaia di piatti".