Cronache
Mori assolto in appello.Il generale ad Affari:"La guerra non è finita"

Il generale Mario Mori ad Affari: "Battaglia vinta, ma la guerra non è ancora finita. Trattativa? Processo fotocopia"
IL COMMENTO A CALDO DI MARIO MORI AD AFFARITALIANI.IT
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La Corte d'appello di Palermo, presieduta da Salvatore Di Vitale, ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado nei confronti dell'ex generale dei Carabinieri, Mario Mori, e del colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento del boss Bernardo Provenzano. La procura generale, rappresentato in giudizio dal procuratore Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio, avevano chiesto la condanna dei due ufficiali dell'Arma rispettivamente a quattro anni e mezzo e tre anni e mezzo di reclusione.
Secondo l'accusa, nell'ottobre del 1995, pur essendo a una passo dalla cattura del padrino di Corleone, grazie alle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, non fecero scattare il blitz che avrebbe potuto portare all'arresto del capo mafia garantendogli un'impunita' che sarebbe durata fino al 2006. La Corte d'Appello ha confermato in pieno l'assoluzione con la formula "perche' non costituisce reato".
"Speriamo che questa sentenza segni la fine di un accanimento giudiziario nei confronti del generale Mori che va avanti da anni", ha commentato l'avvocato l'assoluzione Basilio Milio. "Abbiamo cominciato con la mancata perquisizione del covo di Riina - ha aggiunto - anche quella conclusasi con un'assoluzione, poi c'e' stato questo processo e dopo ancora quello sulla trattativa che e' ancora in corso. Speriamo sia finita qui". "Quando parlo di accanimento - ha concluso - non mi riferisco a tutta la procura, non sono tutti uguali".
DI MATTEO: "C'ERANO LE PROVE PER LA CONDANNA" - "Personalmente rifarei tutto quello che ho fatto. Rispetto la sentenza, ma rimango convinto che ci fossero tutti gli elementi di prova per chiedere e ottenere le condanne degli imputati". Lo dice il pm Nino Di Matteo, il magistrato che aveva coordinato l'indagine e rappresentato l'accusa in primo grado, nel processo contro Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento per avere impedito la cattura di Bernardo Provenzano, possibile, secondo l'accusa, gia' nel '95. Commentando la decisione della Corte d'appello di Palermo, che oggi ha confermato l'assoluzione decisa dal Tribunale, Di Matteo ricorda che anche il primo collegio che si era occupato della vicenda "non aveva assolto per insussistenza del fatto, ma aveva riconosciuto come esistenti sia alcuni episodi che le anomalie da noi contestati. Tuttavia - conclude Di Matteo - il tribunale non aveva ritenuto sussistente il dolo e per questo aveva scagionato gli imputati. Ora prendo atto che in appello la sentenza e' stata confermata". Gli addebiti mossi contro Mori e Obinu non si limitavano al mancato intervento del Ros a Mezzojuso (Palermo), dove il 31 ottobre 1995 si sarebbe trovato Provenzano, per un summit di mafia, ma anche il mancato approfondimento delle piste investigative aperte dalle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo e dalle osservazioni effettuate dai militari, proprio in occasione della riunione tra boss. Quell'incontro, tenuto in un casolare del paese a una cinquantina di chilometri dal capoluogo dell'Isola, fu solo monitorato dal Ros, i cui operatori si limitarono a scattare foto e a rilevare modelli e targhe delle auto dei partecipanti. Ma nemmeno questi spunti furono poi approfonditi.