Padre Max, dal cuore di Primavalle al Cavalierato: la fede che accoglie e combatte il disagio - Affaritaliani.it

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Padre Max, dal cuore di Primavalle al Cavalierato: la fede che accoglie e combatte il disagio

Dalla periferia romana all’incarico di Casante dell’Opera Don Calabria, Don Massimiliano Parrella racconta la sua missione tra povertà, legalità e speranza

di Claudia Conte

L'intervista 

Siamo con Don Massimiliano Parrella, chiamato anche padre Max che è davvero una persona straordinaria. Attualmente è Casante dell'opera Don Calabria,  che si prende cura dei poveri e dei sofferenti, ma la sua storia è  iniziata a Primavalle, quartiere di Roma dove lui è anche nato. 


Claudia Conte e Don Massimiliano Parrella


Padre Max, Iniziamo a parlare di questa esperienza a Primavalle che è, lo possiamo dire, un quartiere in cui il disagio purtroppo è molto presente. Però grazie anche al suo impegno e ai tanti anni che ha passato lì, qualcosa è cambiato….

Faccio una promessa per me importante: io quel quartiere lo amo perché ci sono nato, perché c'è la mia storia, ci sono i miei amici, c'è la mia famiglia. E' sempre stato considerato un quartiere disagiato e in effetti non si può negare che dei problemi ci sono stati e ci sono ancora oggi. E' vero che negli anni il quartiere si è trasformato anche grazie all'avvento di tante cose, della metropolitana, del cinema, dei supermercati, oggi ci sono anche dei nuovi pub. Io sono stato sacerdote della Chiesa Santa Maria Assunta e San Giuseppe a Primavalle dal 2010 fino al 2022, ben 12 anni. 

E' stata per me un'esperienza fortissima, sicuramente difficile ma molto bella, dove mi sono inserito completamente nel territorio, quindi non sono stato solo dentro la chiesa. Ho seguito quel monito di Papa Francesco che diceva che compito della Chiesa è uscire fuori dalle chiese e trasferire quella che è la comunità nel territorio. E quindi lavorare per il territorio, Per aiutare gli altri a stare meglio. 

Cos’è il borgo dell'accoglienza?

Il borgo dell’accoglienza è una delle tante iniziative che sono nate lì per aiutare le famiglie più bisognose. durante la pandemia ci siamo accorti che molte famiglie a Primavalle erano messe in condizioni disperate, sono rimaste senza lavoro oppure con degli stipendi molto bassi, non riuscendo ad arrivare a fine mese. Così abbiamo deciso, insieme alla comunità del Colleggino che è sempre la comunità del Don Calabria, di unire le nostre forze per fare questo borgo di accoglienza dove la gente, soprattutto chi vive per strada, potesse avere un pasto caldo, potesse fare la doccia, tagliare i capelli e la barba, avere dei vestiti puliti, e una cura psicologica, un accompagnamento spirituale. Il
Borgo dell’accoglienza è nato nel 2012 e ancora oggi funziona bene e aiuta circa 300 famiglie del quartiere. 


Ci sarebbe bisogno di un maggiore intervento delle istituzioni nel quartiere di Primavalle? 

Secondo me sì, c'è sempre bisogno di più, di un vero intervento legato alla legalità. Ci sono dei problemi che hanno un nome a Primavalle, quello della droga ed è importante che Prima o poi qualcuno lo affronti. Io non faccio nessuna critica, nessun giudizio, però diciamo che è sempre un problema molto delicato che si conosce, ma nell'agenda va sempre a finire dopo. Io penso che sia uno dei problemi più urgenti  da affrontare, anche perché coinvolge tantissimi giovani e tantissimi adolescenti. Ecco perché ho lavorato molto con i giovani, perché non si avvicinassero alla malavita. 

Infatti la droga spesso è foraggiata e foraggia le organizzazioni criminali, quindi fermare la droga vuol dire fermare anche la criminalità organizzata. 

Assolutamente sì. Il lavoro che noi abbiamo fatto per i ragazzi è quello di dare vita nella parrocchia ad una palestra della legalità, dove fare allenamenti di boxe che permettessero di gestire la rabbia e far vivere i ragazzi in un ambiente sano, sportivo, fuori dalla strada, ma nella parrocchia. Abbiamo messo in movimento alcune azioni per coinvolgere i ragazzi e suscitare il loro interesse. Abbiamo fondato una web radio, “radio in piazza” che trasmette a tutte le ore, fatta dai giovani per i giovani, in modo che i ragazzi fossero protagonisti di queste storie da vivere e da raccontare. 

Lei adesso è il Casante dell'opera di Don Calabria. Quali sono i valori più importanti dell'opera? 

Dal 2022 ero parroco, il XII Capitolo Generale mi ha eletto Superiore Generale dell’opera di Don Calabria, il nostro fondatore San Giovanni Calabria che voleva che si chiamasse “Casal”, termine dialettale che vuol dire custode. Custodire la famiglia, custodire il carisma che ci è stato dato. Noi siamo chiamati a testimoniare la paternità di Dio che è un padre per tutti, non per qualcuno, ma per tutti indistintamente. Noi dobbiamo testimoniare che Dio è un papà buono che ama i suoi figli, al di là del cuore della pelle, del sesso, della religione, al di là delle lingue parlate, delle idee, al di là di tutto. E' un padre che ama e che si prende cura dei suoi figli. Quindi attraverso la cura dei più poveri e dei più sofferenti noi cerchiamo di testimoniare questa paternità. E' un valore che Don Calabria ci ha lasciato come eredità, è un valore che, anche se con tanta fatica, cerchiamo di fare al meglio.
Ci proviamo! 

Una grande umiltà, ma adesso è il momento di raccontare quello che è successo lo scorso febbraio, quando il Presidente Sergio Mattarella le ha voluto conferire il Cavalierato al Merito della Repubblica Italiana. Che cosa ha rappresentato questo conferimento? 

Io sono consapevole che il riconoscimento non è per me, ma per tutta l’opera di Don Calabria, per il lavoro che fa dal punto di vista sociale, educativo e sanitario . Per cui lavoriamo anche con un ospedale. Il presidente Mattarella conosce personalmente l'opera attraverso il centro di Palermo, attraverso alcune nostre missioni che ha visitato. 

Innamorato di questa realtà, ha voluto dare il riconoscimento all'opera e nell'opera ha scelto me come rappresentante. Ho provato un po' di imbarazzo nell'andare a ritirarlo perché non sono abituato a queste cose, però anche tanta emozione e tanta gioia. Penso che l'opera lo meriti, perché veramente negli anni si è distinta per la carità verso gli ultimi, soprattutto i più poveri e abbandonati, quelli che io chiamo gli invisibili.

L'attenzione agli ultimi è stataanche sempre al centro del pontificato di Papa Francesco. Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo Santo Padre Leone XIV? Una continuità com Papa Francesco ma anche dei cambiamenti?

Eravamo tutti innamorati di Papa Francesco. È stato un Papa papà che ci accompagnato in questo periodo storico complesso. Tanto dolore quando è morto, tanto vuoto e tanto dispiacere. Allo stesso tempo poi la sorpresa e la gioia di accogliere il Papa Leone XIV a cui già vogliamo bene tutti quanti. Io dico sempre che Papa Leone è successore di Pietro, non di Papa Francesco, quindi sicuramente continuerà alcune azioni legate al “ministero dei gesti” perché il pontificato di Papa Francesco è stato un pontificato dei gesti, dei segni. Io penso che Papa Leone in questo darà continuità, però con la sua unicità, con le sue caratteristiche, con la sua particolarità. Io non penso che dobbiamo cercare confronti, dobbiamo aiutare questo Papa a fare il meglio possibile per la Chiesa e per il mondo. Si è già presentato come il Papa della pace, attento ai bisogni degli ultimi, delle persone più sofferenti, attento alla cura del creato. Ha dato già un messaggio fortissimo alla Chiesa e al mondo intero.  Io non mi aspetto tanto la continuità o la discontinuità, mi aspetto che Papa Leone sicuramente darà un'attenzione particolare ai sofferenti della Terra.