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Cronache
Quando i fotografi americani giunsero a Matera

Titolo del saggio di Lindsay Harris (Andrew Heiskell Director ad interim American Accademy di Roma, già docente di Storia della fotografia della Luiss Business School di Roma) pubblicato dalla Rivista di Studi di Fotografia

Una ricerca che indaga su come l’arte, in particolare la fotografia, plasmi le percezioni del paesaggio da parte dell’essere umano e, di conseguenza, ne determini la trasformazione nel corso degli anni.

Sono tre i fotografi americani descritti da Harris: Marjory Collins, Esther Bubley e Dan Weiner che documentano i segni e le testimonianze di quella che Weiner avrebbe definito “ primitive esistence” nella città dei Sassi. Ovvero le abitazioni di un unico vano che le famiglie condividevano con i propri animali da soma o di allevamento, donne e bambini infetti da vari malanni che trasportavano acqua dai pozzi comuni.

I reportages dei tre fotografi non rivelano solo gli aspetti di miseria e desolazione dei luoghi maraccontano  la modernizzazione di Matera: dall’avvento nei mercati rionali delle nuove pentole di produzione industriale alla nascita nel 1952 del villaggio rurale Borgo La Martella-- grazie all’imprenditore Adriano Olivetti, progettato dall’Architetto Federico Gorio insieme a Ludovico Quaroni, Piero Maria Lugli, Michele Valori—per dotare di case moderne i residenti sfollati da Rioni Sassi.

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Le immagini dei reporter venuti dall’America “ gettano luce sui legami culturali e economici—scrive Lindsay Harris—che unirono l’Italia e gli Stati Uniti nel dopoguerra, resi possibili dal Piano di sostegno alla ricostruzione europea, dal Piano Marshall, dalla United States- Italy Fullbright Commission nonché dagli investimenti del settore privato. Soprattutto queste immagini di Matera ci ricordano un principio della fotografia documentaria americana che viene raramente riconosciuto o discusso, benché sia fondamentale per la storia del medium: la sua alleanza con il mondo del business. Che lavorassero al servizio del Governo americano o di imprese private, i fotografi statunitensi giunti a Matera dopo la guerra avevano in comune un’idea della fotografia come strumento di impegno sociale. Si trattava di un approccio sviluppato dagli Anni Trenta attraverso Photo League di New York oppure lavorando per Roy Stryker l’economista rurale che nel 1935 era diventato direttore della Photografic Unit riconducibile alla Farm Security Administration”.

Nel 1950 Marjory fu la prima americana a fotografare in Matera dove “ realizzò un corpus di immagini che mostravano la necessità di migliorare le condizioni di vita di coloro che abitavano i famigerati Sassi”.

Collins, tra l’altro, riteneva fondamentale potersi integrare con la popolazione locale per realizzare buone fotografie. Pubblicate con didascalie che concentrano l’attenzione sulla povertà, ristrettezze e pessime condizioni igieniche le fotografie sui Sassi della Collins “ finiscono per illustrare—rileva Harris—un discorso sulle condizioni di vita particolarmente pre-moderne che persistono nei Rioni Sassi alla metà del XX secolo.

Tuttavia le rappresentazioni di Matera offerte da altri fotografi americani nei primi anni Cinquanta suggeriscono un modello differente, nel quale la modernizzazione della città antica è suggerita visivamente e con poche informazioni testuali, secondo una strategia ereditata dalla fotografia del New Deal e ulteriormente sviluppata nelle pratiche al servizio delle grandi aziende americane”. Esther Bubley sopraggiunge a Matera durante l’anno 1953 per documentare “ L’intensive program of development and land reform” che includeva Borgo La Martella. Il famoso reportage di Bubley per la Standard Oil—che affrontava temi come le città del Texas legate al petrolio, gli spostamenti in autobus e gli intrattenimenti per i bambini nei villaggi estrattivi—fu la base per la sua inchiesta sulla Città dei Sassi “ quale nuova frontiera e nuovo mercato del petrolio americano”.

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Bubley immortalò vita e usanze praticate nei Rioni Caveoso e Barisano “ ma anche i segni—annota Lindsay Harris—del rinnovamento innescato dal petrolio in una serie di trenta fotografie che non vennero mai pubblicate. Quando Bubley fotografò Borgo La Martella questa nuova esperienza del nucleo urbano di Matera stava per diventare una potenziale frontiera del petrolio americano e italiano. Nel 1953 le principali compagnie USA e europee avevano cominciato a collaborare per definire una strategia che consentisse di ricollocare sul mercato mondiale il petrolio iraniano requisito due anni prima. Nel 1954 Standard Oil aveva stretto un accordo con ENI, azienda diretta da Enrico Mattei, per gestire due raffinerie in Italia; al contempo ENI si consorziò con l’asse anglo- iraniano per gestire una terza. La benzina prodotta in questi impianti iniziò a essere venduta al dettaglio nelle stazioni di servizio in tutta Italia nel momento in cui la nuova rete infrastrutturale si apprestava a diventare oggetto di grandi investimenti. Il Consorzio Italia-USA contribuì a rendere Matera un mercato appetibile per il commercio internazionale di petrolio e offrì a Esther Bubley un’opportunità per fotografare in un remoto villaggio dell’Italia meridionale il lato umano delle maggiori industrie mondiali”.

A proposito di idrocarburi forse è utile rammentare che a maggio 2023 il fondo di investimento americano Davidson Kempner Capital Management L.P., con sede a New York, acquisisce la concessione Cugno Le Macine, ovvero campo Grottole-Ferrandina in provincia di Matera.  Zona per lo stoccaggio di gas naturale più grande dell’Italia meridionale, nel 2012 affidata a Geogastock, in liquidazione dal 2020, controllata da Avelar Energy Group : holding europea della multinazionale Renosa guidata dal russo Viktor Vekselberg che detiene un patrimonio stimato in 12,3 miliardi di dollari.

Il Fondo USA Davidson Kempner—gestisce risorse per circa 36 miliardi di dollari, 500 dipendenti, presidente Anthony Yoselof—tramite la piattaforma Thaleia, dedicata ai progetti per la transizione energetica, mira a sviluppare il potenziale di Cugno Le Macine, il cui volume di working gas risulta calcolato in 800 milioni di metri cubi standard. Un metro cubo nel mercato tutelato, con protocollo dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, costa 0,5 euro. Dan Weiner arriva a Matera nel 1954. Tra le sue foto c’è quella della bambina vestita con abiti della prima comunione che avanza tra i vicoli dei Rioni Sassi. Sullo sfondo della fotografia “vi è un dettaglio che allude a un ulteriore aspetto della vita moderna in Matera che spiega le finalità del suo viaggio in Italia. Ecco : nella parte alta dell’inquadratura si vede sulla parete esterna di un’abitazione dei Sassi qualcuno che ha tracciato con la vernice le lettere DDT. Scritta che certifica l’appropriata disinfestazione dell’alloggio contro la malaria mediante il potente agente chimico prodotto negli USA nel quadro del Programma di Riforma agraria avviata a Matera e provincia nel 1950 su iniziativa del Governo italiano e con il sostegno del Piano Marshall. La stessa scritta si distingue più chiaramente sullo sfondo di un ritratto inedito realizzato da Weiner a una donna dei Sassi che tiene tra le braccia un fascio di rovi : un indizio dell’attenzione del fotografo per questo segno di una modernizzazione finanziata con fondi americani era tutt’altro che casuale”.

Altre fotografie dell’archivio di Dan Weiner suggeriscono che viene attratto da Matera anzitutto come espressione “dell’attività umanitaria che caratterizzava l’ethos manageriale di Adriano Olivetti in quanto capitano d’industria italiano. Un provino inedito conferma che Weiner visitò lo stabilimento di produzione delle macchine da scrivere Olivetti a Ivrea prima e dopo il suo viaggio a Matera”.

Per concludere, “… le fotografie di Collins Bubley e Weiner—sostiene Harris—mostrano una società in movimento. A differenza dei loro colleghi europei questi fotografi americani evitavano ogni forma di nostalgia e gettano luce con le loro immagini su un mondo arcaico sulla soglia della modernità. La loro rappresentazione di Matera può essere vista come il prodotto di un’epoca che a metà secolo annunciava una Pax Americana la quale sembrava aprire la via a un futuro chiaro e luminoso. L’umanità delle persone messa in luce dai fotografi americani e le copertine patinate delle riviste che fecero conoscere quelle immagini, contribuirono a rendere quella prospettiva
ancora più plausibile”.

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