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Cronache
Rider, il racket del caporalato. Account truccati, bici irregolari e truffe

Rider, una nuova inchiesta: irregolarità diffuse e finti account

Scoppia il caso del racket dei rider. Un'inchiesta della procura di Milano ha fatto emergere irregolarità di ogni tipo. Su 823 lavoratori controllati, ben 23 erano dei clandestini. Cè - si legge su La Stampa - chi è stato costretto a sborsare 300 euro per il semplice cambio di una ruota o di un pacco batteria. Chi ha dovuto anticipare mille euro per pagare una di quelle bici irregolari che sfrecciano tutti i giorni in città, così veloci e con le ruote così larghe da assomigliare a motorini. In un caso – che i carabinieri vogliono approfondire ma sembrerebbe isolato – un ciclofattorino pakistano ha addirittura dichiarato di lavorare per 12 o 14 ore al giorno, sotto il sole e sotto la pioggia, anche la domenica e nei giorni di festa, in cambio dei soli pasti e di 100 euro al mese. Anche lui, ovviamente, con un account falso fornito da uno sfruttatore connazionale. È il racket del "caporalato tra rider", nato con l’esplosione del delivery nel corso della prima ondata della pandemia, e che, al di là dei numeri che si riescono a rilevare, sembra aver assunto dimensioni enormi.

Al punto che – dopo l’archiviazione della prima indagine che portò le piattaforme a pagare multe per 90 mila euro e ad assumere i rider con contratti parasubordinati – il pool Ambiente, salute e lavoro della procura di Milano - prosegue La Stampa - ha aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta. Di certo per arginare un fenomeno così diffuso servirebbe anche l’intervento delle piattaforme di delivery, che stanno collaborando alle indagini. Anche se c’è chi, come Deliveroo, ancora si rifiuta di caricare la foto del rider nell’app dei clienti. Così, è molto più difficile capire se chi fa la consegna corrisponde al titolare del profilo e quindi del contratto. L’ipotesi è che esistano dei canali di approvvigionamento di pacchi batteria, spesso rubati da monopattini e biciclette a pedalata assistita, usati per modificare i mezzi in centri specializzati e poi forniti ai ciclofattorini a un costo che può raggiungere i mille euro.

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