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Strage Stresa, "Era da un mese che lo facevamo. Confidavamo nella buona sorte"
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Strage Stresa, "Era da un mese che lo facevamo. Confidavamo nella buona sorte"

La tragedia del Mottarone costata la vita a quattordici persone ha avuto una risposta. Confessione piena da parte degli indagati per il crollo di una cabina della funivia che da Stresa porta su fino a 1500 metri. "Una serie di anomalie - spiegano nell'interrogatorio - facevano scattare i freni d’emergenza e le riparazioni, l’ultima il 3 maggio, non erano servite a niente. Per evitare continui disservizi e blocchi della funivia, c’era bisogno di un intervento radicale con un lungo fermo che avrebbe avuto gravi conseguenze economiche. Eravamo convinti che la fune di traino non si sarebbe mai rotta, si è poi voluto correre il rischio". Nerini, 55 anni, titolare della società che gestisce la funivia, Perocchio, 51 anni, direttore di esercizio, Tadini, 63 anni capo servizio, sono accusati di «Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro», reato che prevede fino a 10 anni di reclusione in caso di disastro e vittime per chi non mette, rimuove o danneggia sistemi di sicurezza.

Non chiudeva occhio da domenica scorsa, Gabriele Tadini. Sapeva - si legge sul Corriere della Sera - dei freni disattivati, sapeva che era la causa del disastro e ieri notte si è liberato di quel peso enorme. Quarant’anni di funivia alle spalle, responsabile del funzionamento dell’impianto del Mottarone, Tadini ha confessato. "Confidavano nella buona sorte", ha sintetizzato il procuratore di Verbania Olimpia Bossi. Confidavano cioè nel fatto che la fune non si sarebbe mai rotta. L’evento in effetti è rarissimo ma quando capita e non ci sono quei freni, bloccati dai cosiddetti forchettoni, può succedere di tutto. Domenica scorsa è stata una strage.

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