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Cronache
Strano ma vero e giusto: il lavoratore spiato dagli 007 non è licenziabile

E’ esclusivo compito del datore di lavoro e dei suoi collaboratori controllare il lavoratore. Non può delegarlo a terzi

Non si può licenziare il lavoratore privato spiato da una società di investigazione. “Le dette agenzie per operare lecitamente”, scrive la Cassazione nell’Ordinanza n. 25287 del 2022, “non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’articolo 3 dello Statuto (dei lavoratori, ndr), direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori”.

Il caso, sottoposto al vaglio della Cassazione, riguarda un lavoratore di un istituto bancario.

“Al ricorrente, la cui attività lavorativa era connotata da una certa flessibilità riguardo all’orario”, scrive il dispositivo, “e alla sede di svolgimento dell’attività, era stato contestato di essersi allontanato dal luogo di lavoro, in orario lavorativo, per compiti estranei al suo inquadramento professionale, essendo stati registrati, mediante controlli effettuati da agenzia investigativa, incontri estranei all’area o sede di lavoro (supermercati e palestre), non connessi all’attività lavorativa, in luoghi distanti anche decine di chilometri dalla sede di lavoro”.

Non è lecito controllare i lavoratori all’interno dell’azienda o mentre stanno svolgendo la loro attività a meno che il datore di lavoro ritenga tali controlli necessari per motivi di sicurezza o per altre ragioni e per questo decida di piazzare delle telecamere ottenendone il consenso dai sindacati.

E’ lecito per l’azienda controllare il dipendente al di fuori dell’orario e della sede di lavoro anche rivolgendosi a delle società investigative ma solo in aree aperte e senza violare la privacy del lavoratore. Questi è licenziabile solo se commette un reato, come ad esempio lavorare per altri mentre è sul posto di lavoro e viene quindi pagato dall’azienda. E il licenziamento è legittimo se il dipendente viene colto in flagranza di reato non solamente con mezzi diretti ma anche con mezzi indiretti e l’investigazione privata è considerata un mezzo indiretto. Il giudice dovrà in questo caso acquisire la testimonianza del detective che ha svolto l’indagine.

Per la Cassazione, dunque, la testimonianza del detective privato che indaga su eventuali illeciti commessi da un dipendente può essere acquisita e valutata.

Il lavoratore non è invece licenziabile se i controlli sull’adempimento della prestazione contrattuale sono stati effettuati da terzi, quindi anche da una società investigativa, perché è esclusiva del datore di lavoro e dei suoi collaboratori controllare il lavoratore. L’azienda non può delegare a terzi questa attività.

In sostanza, il concetto è sempre lo stesso: sì al pedinamento di chi è sospettato di commettere un illecito, no al controllo tramite agenzia investigativa di chi in orario di lavoro fuori dall’azienda e, almeno in teoria, è impegnato nella sua attività.

Il lavoratore spiato non può essere licenziato perché all’investigatore è vietato indagare sull’attività lavorativa del dipendente. Oltretutto il caso in oggetto riguarda un dipendente di una banca che lavorava fuori dall’istituto e senza orari fissi.

Il tutto perché vige “il divieto di controllo occulto sull’attività lavorativa”, secondo l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, “anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali, ferma restando l’eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso ad investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti”.

In più il datore di lavoro deve fornire al lavoratore la documentazione necessaria per permettergli di difendersi da eventuali provvedimenti disciplinari. Quest’ultimo può chiedere il mandato o il contratto che l’azienda ha conferito alla società investigativa per conoscerne contenuti e contorni.

 

 

 

 

 

 

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