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Ucciso e smembrato a Udine per non aver apparecchiato la tavola, la madre ai pm: "Ho fatto una cosa mostruosa"
Ad uccidere Alessandro Venier sarebbero state la madre e la compagna, in un clima di crescenti tensioni dovute alla precarietà economica della famiglia e al mancato svolgimento dei lavori domestici da parte del ragazzo. La coppia ha una bambina di pochi m

La madre uccide il figlio perché non apparecchia la tavola: "Ho fatto una cosa mostruosa"
"Sono stata io e so che ciò ho fatto è mostruoso", ha dichiarato Lorena Venier di fronte al magistrato durante l’interrogatorio. Secondo quanto riportato dall’ANSA la donna di 61 anni, di Gemona (Udine), avrebbe ammesso di aver ucciso e poi smembrato il figlio Alessandro, di 35 anni.
"La mia assistita ha reso piena confessione di fronte al sostituto procuratore che l'ha interrogata - ha confermato, all'ANSA, l'avvocato Giovanni De Nardo, che patrocina la sua difesa - Come si può immaginare, era visibilmente scossa per la crudeltà della sua azione e per la contrarietà a qualsiasi regola naturale del suo gesto". La donna ha messo in atto il delitto insieme alla compagna del figlio.
Slitta l'interrogatorio del pm a Marilyn Castro Monsalvo, la donna di 30 anni, di origini colombiane, accusata dell'omicidio del fidanzato e convivente Alessandro Venier, di 35 anni, avvenuto una settimana fa nella loro abitazione di Gemona (Udine). Delitto avvenuto - secondo l'accusa - assieme alla suocera Lorena Venier, che già ieri sera ha fornito piena e dettagliatissima confessione.
Contrariamente a quanto si era ipotizzato, i difensori della donna non hanno invece notizia dell'interrogatorio della giovane donna davanti al sostituto procuratore di Udine, Giorgio Milillo. "Mi sto recando al carcere del Coroneo di Trieste per conoscere la mia assistita - ha confermato, all'ANSA, l'avvocato di fiducia della donna, Federica Tosel - Non ho alcun elemento relativo all'inchiesta. Mi è stata descritta come molto provata dal collega Francesco De Carlo, che l'ha già incontrata. La vicenda è delicatissima e serve la massima cautela, anche in ragione delle sue condizioni di salute e della presenza di una bimba di pochi mesi, la cui posizione va assolutamente tutelata".
Il delitto di Gemona (Udine), lo hanno accertato gli investigatori nel corso del lungo interrogatorio di ieri sera, è avvenuto una settimana fa, la notte di venerdì 25 luglio, "ma non è stato riferito di una particolare lite scatenante". Lo ha precisato il legale udinese Giovanni De Nardo, che patrocina la difesa di Lorena Venier, mamma della vittima, che ha fornito piena confessione. "La mia assistita - ha aggiunto - ha spiegato nel dettaglio la successione degli eventi, escludendo completamente il coinvolgimento di terzi oltre alle persone che abitavano nella casa assieme a lei". De Nardo, nel rispetto del segreto istruttorio, non ha fornito dettagli sul movente - "che è stato completamente dettagliato" - né sulle modalità del delitto. L'udienza di convalida dell'arresto si terrà probabilmente lunedì.
È stato ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna. Una strana alleanza. Il delitto, seppur avvenuto alcune sere fa nell'abitazione di famiglia, a Gemona (Udine), è stato scoperto soltanto stamani. O meglio, è stato fatto trovare soltanto questa mattina, quando cioè le due donne hanno chiesto l'intervento delle forze dell'ordine. E appena queste sono arrivate, hanno immediatamente ammesso le loro responsabilità nel caso.
A uccidere Alessandro - secondo quanto hanno riferito, appunto, prima che gli investigatori le portassero in caserma - sono state la mamma Lorena Venier, di 62 anni, e la compagna, Marylin Castro Monsalvo, cittadina colombiana, di 30 anni. La vittima portava lo stesso cognome della madre perché il padre, sembra un cittadino di altra nazionalità, non ha mai riconosciuto il figlio. La coppia ha una bambina di sei mesi, che è già stata affidata ai Servizi sociali non essendoci altri parenti prossimi in Italia di alcuno dei protagonisti della vicenda. Sono ancora da chiarire sia le modalità del delitto che il movente. L'unica cosa certa è che la salma di Venier si trovava nell'autorimessa, in un grande bidone. Non solo: il corpo era stato sezionato in tre pezzi, prima di essere sistemato nel contenitore, coperti poi da calce viva per evitare che il cattivo odore con il passare del tempo potesse insospettire i vicini. Dalle notizie trapelate, le due donne avrebbero riferito che un paio di sere fa tra loro e l'uomo ci sarebbe stata una violenta lite. Non casuale: sarebbe stato l'ennesimo scontro in un clima di crescenti vessazioni. Prima di mettersi a tavola, è cominciata la discussione perché Alessandro Venier, che avrebbe dovuto occuparsi perlomeno della cena, in realtà non aveva preparato nulla. Una situazione tesa e difficile, perché nella placida periferia friulana con la nascita della piccola i componenti della famiglia erano diventati quattro e a mantenere tutti era soltanto lo stipendio di mamma Lorena, la quale, seppure apprezzata caposala nel locale ospedale, non guadagnava cifre altissime. L’uomo, dunque, sentendosi fortemente criticato da parte delle due donne per le mancate occupazioni domestiche e nonostante la collaborazione che aveva assicurato, si sarebbe scagliato su entrambe per controbattere alle lamentele.
A questo punto la ricostruzione si ferma e prosegue "nel campo delle ipotesi e delle illazioni" come ha precisato anche la procuratrice aggiunta di Udine, Claudia Danelon. Ipotesi e illazioni che "potranno essere suffragate o meno solo domani, nel corso dell'interrogatorio fissato con le due donne, dopo una notte trascorsa nel carcere di Trieste. La ricostruzione più verosimile è che madre e compagna, dopo l'aggressione subita, volessero rendere inoffensivo l'uomo. Per questo, potrebbero avergli somministrato farmaci - di cui in casa c'era ampia disponibilità, per la depressione post partum di Marylin Castro - senza rendersi conto della dose eccessiva che potrebbe averne causato la morte. Ma non si può nemmeno escludere che l'azione - a quel punto il delitto sarebbe premeditato - fosse finalizzata ad assicurarsi che la vittima non potesse reagire, visto anche che si trattava di un uomo di corporatura robusta. Una volta stordito, avrebbero assestato alcuni fendenti con la stessa ascia che poi avrebbero utilizzato per sezionarne il cadavere. Saranno autopsia ed esami tossicologici a stabilire potenzialmente la verità. Dramma nel dramma, stamani l'assistente sociale ha dovuto faticare non poco per confortare e rassicurare la neonata che non voleva staccarsi dalle braccia di nonna Lorena. L'hanno coccolata a lungo, poi la piccola è passata nelle braccia dell'assistente. La nonna, invece, è stata soccorsa dal personale di un'ambulanza perché colta da un lieve malore.
"Per le due persone che si sono autoaccusate del reato sarà contestata la premeditazione". Lo ha detto, all'ANSA, il procuratore aggiunto di Udine, Claudia Danelon, in relazione al delitto di Gemona. L'applicazione dell'aggravante, rispetto all'omicidio volontario e all'occultamento di cadavere, sarà proposta nell'udienza di convalida davanti al Gip, in programma domani. "Non possiamo fornire alcun altro elemento - ha aggiunto Danelon - la vicenda è molto delicata e prima della conclusione degli accertamenti non possiamo asserire se ci siano state responsabilità preponderanti nel delitto di un'indagata rispetto all'altra".