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Culture
Ecco che cosa c'è dopo la morte. I racconti di chi è tornato in vita

Le pagine del dottor Patrick Theillier nel libro "Quando la mia anima uscì dal corpo" (Ed. San Paolo) introducono al tema delle esperienze pre-morte (le cosiddette NDE, Near Death Experiences) coniugando la riflessione cattolica e l'esperienza scientifica e fornendo una prospettiva davvero nuova su questi fenomeni testimoniati in tutto il mondo e in ogni tempo.

Cattolico convinto e impegnato — cosi lo descrive monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne, nell'introduzione al libro — Theillier ha lavorato per dieci anni come medico dell'Ufficio delle Constatazioni Mediche del santuario di Lourdes. Insieme ad altri medici, non necessariamente credenti, si e impegnato a verificare scientificamente il carattere umanamente inspiegabile delle guarigioni. Proprio durante questi anni di studio e di incontro con persone e situazioni ai "confini tra la vita e la morte", Theillier ha potuto affrontare il tema delle NDE da un panto di vista originate, profondamente cristiano, trovando corrispondenze con la Sacra Scrittura e aprendo nuove domande...

Le pagine del dottor Theillier sono dunque uno dei più interessanti tentativi di indagare cosa accade dopo la morte senza perdere l'attenzione alla rigorosità della scienza né i riferimenti di una fede cattolica ben radicata. Un libro che si rivela unico nel panorama editoriale e appassionante.

L'AUTORE
Patrick Theillier
: è stato dal 1998 fino alla sua pensione, medico permanente del Bureau Medical des Sanctuaires de Lourdes, l'ufficio medico scientifico che si occupa dei casi di guarigione presso il santuario dell'apparizione. Ha presieduto inoltre l'Associazione Medica Internazionale di Lourdes, che comprende più di diecimila specialisti distribuiti in settantacinque Paesi. Ha al suo attivo alcuni libri sui miracoli di Lourdes.

quando la mia anima uscì dal corpo
 

INTRODUZIONE
Nel nostro tempo la società occidentale non vuol più sentir parlare di morte: ha cancellato tutto ciò che le si riferisce, perfino nel linguaggio. Non si dice più «E' morto», ma si dice: «E' venuto a mancare...» o si parla di «Fine della vita».

Eppure, malgrado tutto quel che possiamo fare, malgrado i progressi della scienza e la longevità crescente della vita umana, sappiamo bene che restiamo mortali e che non possiamo non porci la domanda che viene dal profondo di noi stessi: «C'è qualcosa dopo la morte? La morte è veramente la fine della vita? La vita finisce definitivamente con la morte?».

Come fare a saperlo? Che cosa potrebbe illuminarci su questo? Le filosofie non sono convincenti sull'argomento della morte, e poi non ci insegnano a morire... Le re­ligioni, con in testa il cristianesimo, offrono seri argomenti che permettono di credere che l'esistenza non cessa con la morte terrena, e che la vita continua, e che noi ritroveremo coloro che abbiamo amato in que­sta vita. Bisogna crederci, però... e allora ci si rifugia dietro l'idea che dalla morte nessuno è mai tomato in­dietro. Tuttavia, che crediamo o non crediamo nel Cielo, la domanda ci tormenta. Nel profondo di noi una invincibile speranza che la morte non sia lo spegnimento della nostra vita. Se noi trovassimo, malgrado tutto, un indizio, anche un piccolo indizio, che la vita è più forte della morte, non sarebbe per ciascuno di noi una notizia molto bella?

In ogni epoca della storia ci sono di questi indizi, che non dobbiamo trascurare. Nella nostra, da almeno qua­rant'anni, ce n'e uno di grande rilevanza: e l'indizio di coloro che, almeno così sembra, hanno messo un piede nell'aldilà e ne sono ritornati in extremis. Si tratta di un indizio credibile?
Un indizio del genere nasce soprattutto dalla cono­scenza non razionale, che lascia sempre liberi. E un se­gno che bisogna esaminare seriamente, ed è che ci proponiamo di fare qui.
Si tratta dunque di persone ordinarie, come me e voi, che si trovano in uno stato di morte clinica e che raccontano di essersi ritrovate in un altro mondo, un mondo magnifico, e di aver dovuto abbandonarlo per tornare sulla terra... Esse dicono che questa esperienza è stata come una seconda nascita. Non vedono pia l'esi­stenza nello stesso modo di prima, la loro spiritualità si e approfondita, mettono l'amore degli altri al primo po­sto, considerano la vita come una cosa sacra e la morte un suo momento costitutivo, e non ne hanno pia paura.
Queste esperienze vengono chiamate NDE, dall'in­glese Near-Death Experiences, da quando e apparso il libro del dottor Raymond Moody pubblicato nel 1975, è tradotto in ventisei lingue, dal titolo significativo Life alter Life, la vita dopo la vita. E a lui che si deve la divulgazione del fenomeno.
Chi non ha avuto una tale esperienza e portato a pensare che questi fenomeni siano immaginari, che si producano in persone stravaganti, psichicamente fragili o the ambiscano a farsi notare. Tutto il problema sta nel sapere se possiamo fidarci di queste sorprendenti esperienze, che rimettono in questione la certezza che abbiamo che nessuno torna indietro dalla morte.
Bisogna sapere che queste manifestazioni ai confini della morte sono sempre esistite, e sono state racconta­te in tutte le civiltà. Da una quarantina di anni, grazie ni progressi della rianimazione e ai moderni mezzi di comunicazione, esse sembrano diventate pia frequenti c conosciute. Si pu6 perfino dire che la moltitudine di N DE certe perche recensite e analizzate in tutto il mon­do in diversi modi, e i numerosi studi, e le pubblicazio­ni, e gli incontri scientifici sull'argomento, portano a non poter pia dubitare, in questo ventunesimo secolo, della loro esistenza!'. Bisogna dunque esaminare cio che esse significano.

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