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Culture
Gianna Nannini fa "La differenza" e riscopre l’America
Gianna Nannini_Foto di Daniele Barraco_b (4)

di Raffaello Carabini

 

Cappello con piuma che butta subito, occhiali da sole rotondi, pantaloni e giacca di pelle nera con frange alla David Crockett, camicia rossa appena sbottonata, Gianna Nannini è molto magra, affilata, starebbe bene tra le icone del country a stelle e strisce. E proprio a Nashville, la capitale di quel genere musicale tipico del sud degli States, nato dalla fusione di diversi idiomi tradizionali e popolari, è andata a registrare il suo nuovo album, intitolato, come il brano che da un mese lo anticipa in tutte le radio, La differenza.

“In realtà Nashville oggi”, dice a affaritaliani, “non è solo country music, c’è un mondo nuovo di rock, pop, soul, blues, gospel. Il rock che cercavo io, con una sua identità che collima con la mia. Si ascoltano nei bar e nei pub artisti di ogni tipo, con qualcuno ho fatto anche delle session, artisti che al primo disco magari vendono anche un milione di copie. C’è il country certo, verso cui hanno molto rispetto, ma che alla sera c’è rock dappertutto. C’è umanità.”

Proprio umanità è la parola che per prima viene in mente ascoltando queste 11 canzoni, che quasi riportano a una Gianna prima maniera, ancora prima del grande successo, arrivato, guarda caso, proprio con il brano intitolato “America”, quarant’anni fa esatti. “È una canzone attuale anche oggi. Sono stata la prima a fare rock in Italia, infatti ho avuto più successo in Germania. Da noi in concerto mi mandavano un sacco di vaffa, perché c’erano i cantautori. Poi ho incontrato Conny Plank che mi ha fatto trovare le mie radici italiane, mi ha fatto ricercare, studiare e crescere, poi ho avuto 20 anni di strada europea. Adesso ho voluto affrontare un’altra strada, ho scoperto che in America hanno bisogno di una voce come la mia e che gli americani sono pronti per me.”

Non che La differenza sia un album immediatamente “americano”. È soprattutto un lavoro che corre veloce, senza pause, con brani che spesso iniziano con solo la voce e una chitarra acustica o un pianoforte e poi diventano più forti e tesi, ma mai ridondanti, mai persi in giri di elettroniche, mai troppo divaganti (solo in “Romantico e bestiale” si concede un ritmo reggae con sviluppi corali e saltellanti, persino ironici). La voce è sempre in primo piano; il blues si sente, ma non è mai decisivo; il pop si apre alla grande nel duetto con Coez “Motivo” (“mi è piaciuto come essere umano, ha preso la canzone di cui ho scritto tutta la prima parte e ha risposto con la sua parte: ha un bellissimo timbro di voce e un grande senso della melodia”); il rock emerge solo in “Assenza”, che ha un andamento alla “Satisfaction” rollingstoniana e chiude con un autentico wall of sound.

Poi c’è “Per oggi non si muore” dal retrogusto folkie; “Gloucester Road” (“è l’indirizzo del mio rifugio londinese dove abbiamo composto le canzoni, quasi tutte con Pacifico, che collabora con me da 12 anni e con cui siamo diventati un po’ come basso e batteria, inscindibili”) è la preferita della figlia Penelope, che ha nove anni e che, quando la mamma canta troppo, le chiede di smettere; “A chi non ha risposte” è una ballad pianistica arricchita dai vocalizzi soul di Wendy Moten (“le ho detto vorrei una voce nera come la tua, mi ha risposto che ce l’ho già”); la chiusa “Liberiamo” è una cover in italiano della hit “Liebe Ist” della rocker tedesca Nena.

“Ci sono solo canzoni d’amore”, conclude Gianna, “ma è un amore fatto di conflitti, mai sdolcinato, amore incazzato. Guardo sempre oltre al piccolo problema della relazione, parlo dell’Amore con la “a” maiuscola”. E canto anche della “differenza”, che è ciò che abbiamo e che ci rende persone, e che è sempre più difficile da accettare. Il muro da abbattere oggi è quello dei pregiudizi, perché siamo differenti, dagli omosessuali a chi ha una ridotta mobilità. I meccanismi tossici che ci circondano partono dai rapporti tra le persone, non da quanto ci bombardano la politica o il web.”

Il prossimo 15 maggio Nannini inizierà un tour europeo di una ventina di date, che sarà in Italia solo il 30 maggio allo Stadio Artemio Franchi di Firenze (“ci vado sempre come senese, un po’ da ghibellina, ma lì mi sento a casa, posso parlare toscano”). E ha registrato “Quelli che non” per il secondo capitolo dell’album tributo a Francesco Guccini, cui fece da supporto nel suo primo tour da rocker nel 1980, ricevendo in cambio pomodori dal pubblico.

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