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Culture
Giovanni Allevi si racconta ad Affaritaliani.it: "Abbiamo bisogno di filosofi"
Giovanni Allevi - Photo Credit Massimo Volta

Firenze – Questa volta non inizia con nessuno dei suoi brani forti, bensì con il “Valzer dei fiori” di Pëtr Il’ič Čajkovskij tratto da “Lo schiaccianoci”. E non in veste di pianista, ma di direttore d’orchestra, per la precisione l'Orchestra Sinfonica Italiana. Un concerto e un Allevi rivoluzionari per il pubblico ormai abituato a seguirlo ovunque, un artista capace di rinnovarsi e di sperimentare. Perciò, toglietevi dalla testa il classico spettacolo e preparatevi ad ascoltare le melodie più celebri della musica classica (da Beethoven a Puccini, con tanto di spiegazioni sul perché ha voluto scegliere determinati pezzi), qualche singolo al pianoforte tra quelli più e meno noti e poi una serie di arrangiamenti che prevedono la fusione della sua creatività con quella dell’orchestra – senza esclusione di momenti ironici.
“Vorrei essere sempre qui”, ha detto Giovanni sul palco dell’Obihall di Firenze mentre la platea applaudiva entusiasta. Invece, continuerà a spostarsi per le prossime date del tour, controllabili attraverso il suo sito (in Toscana grazie a BitConcerti).
Poiché siamo conterranei e ci conosciamo da tempo, non è stato difficile incontrarlo per un’intervista che ci sembrava dovuta alla luce di tanti cambiamenti, tra cui un libro uscito da poco. Ad Affari Italiani Giovanni Allevi racconta il suo mondo.

Compositore, pianista e direttore d’orchestra. Come riesci a conciliare questi ruoli, e quali diverse emozioni scatenano in te?

“Tutto parte dal buio della mia anima tormentata. Cerco una luce, un sollievo. Inizio a comporre musica, a seguirla mentre dal buio lei stessa si inarca verso il sublime. Mi strattona, mi scuote, mi sorprende. Torno bambino, mi fermo un attimo alla finestra, poi riprendo a scrivere frenetico sul pentagramma, felice come non mai.
L’essere direttore e pianista sono un’inevitabile conseguenza di quel gesto creativo che è la composizione. Una volta scritta, desidero condividere quella musica col cuore degli ascoltatori, attraverso il timbro dell’orchestra o del pianoforte. Non è il prestigio, non il successo a muovermi, ma è un puro piacere infantile, vero”.

Hai detto che il tuo primo concerto è stato a Napoli davanti a 5 persone. Ci puoi dire qualcosa in più? Ti sei mai sentito scoraggiato nel corso di 25 anni di carriera?

“Posso aggiungere che in quel concerto i miei cinque erano seduti in seconda fila, perchè all’inizio si vergognavano. Tutti ci vergognavamo. E se non ricordo male erano donne, cioè persone predisposte a vedere oltre le apparenze.
Ho affrontato momenti terribili, di ansia, specialmente quando non ero più io ma mi apprestavo a diventare il simbolo di qualcosa che doveva essere sopito per mantenere lo status quo. Eppure, con una volontà di ferro e la disciplina, nel silenzio ho continuato a scrivere la mia musica, cercando di scavalcare le vicende immediate, destinandola, spero, ai miei futuri ascoltatori del 2217”.

C’è ancora bisogno oggi di laureati in Filosofia come te?

“Quello che ascoltiamo quotidianamente spesso ci lascia un senso di vuoto, perchè è il frutto di menti sì talentuose, ma che non hanno una visione. Quindi cerchiamo di colmare la mancanza di orizzonte nella Letteratura o nella Filosofia. Senza questa preziosa disciplina la nostra concezione della vita resta imbrogliata nell’utilitarismo e nella logica dei numeri.
Non solo c’è bisogno di laureati ma di filosofi, perchè la realtà non possiamo più permetterci di subirla. Dobbiamo plasmarla secondo nuove visioni”.

25 anni sono molti: il momento più emozionante, il più grande rimpianto e il sogno ancora da realizzare.

“Il momento più emozionante resta questo, il presente, in cui sento il battito del cuore, un bruciore agli occhi e l’adrenalina per il prossimo concerto. Per quanto possa sforzarmi con la memoria, non trovo scelte da rimpiangere. Non ricordo occasioni mancate e tutti gli errori che ho commesso li rifarei. Il sogno è radunare attorno a un tavolo ovale le più grandi e giovani menti della composizione, della danza, della medicina, della fisica, dell’architettura per raggiungere una visione condivisa, fresca e attuale; per guardare il presente con consapevolezza, e da là gettare un ponte verso il futuro”.

Puoi dire dopo tutto questo tempo e il successo di aver superato l’iniziale timidezza?

“Se vuoi fare il compositore seriamente non puoi fermarti in superficie alla prima e piacevole idea che ti viene in mente, ma devi trovare il coraggio di guardarti dentro, confrontarti con i tuoi draghi interiori e le tue fragilità. È dunque naturale scoprirsi timidi e impacciati, perché nell’atto della condivisione della propria opera col mondo si è totalmente vulnerabili. Come pure davanti all’orchestra che sta per eseguire le tue note. Ma è solo il preambolo di una gioia intima e collettiva, che ti seduce e ti travolge”.


Per maggiori informazioni: www.giovanniallevi.com; www.mnitalia.com; www.obihall.it.

Tags:
giovanni allevi intervista concerto tour





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