Culture
“Fine impero”, Genna racconta il suo viaggio conturbante
LA PRESENTAZIONE A MILANO Oggi, martedì 25 giugno, dalle ore 19 Giuseppe Genna presenterà "Fine impero" alla Libreria Centofiori di piazzale Dateo n.5. Con l'autore, Andrea Gentile.
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di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton

“Scrivere significa andare avanti, vergando le proprie esistenze di cenere”. Lo scrive Giuseppe Genna nel suo nuovo romanzo, “Fine impero”, appena pubblicato da minimum fax, e ambientato a Milano. Il protagonista è uno scrittore, e ha appena perso la figlia di dieci mesi. Nelle prime, conturbanti pagine è raccontato proprio il giorno in cui il padre e la madre si separano definitivamente dal corpo della loro bambina in un cimitero alla periferia della città. E se un figlio che perde il genitore diventa un “orfano”, come sottolinea la voce narrante non è stata trovata una definizione per il padre o la madre che sopravvive alla creatura che ha generato. Dopo quest’avvio straziante, il tono del libro, a tratti, cambia. Lo scrittore, ancora stordito per la terribile perdita, accetta di essere l’inviato di uno noto settimanale alla sfilate più attese. Quello della moda, però, è un mondo che gli è completamente estraneo. Intanto cresce il ritmo del romanzo: è l’inizio di un viaggio allucinato. A guidare lo scrittore c’è una modella kazaka, una “minore”. La ragazza lo trascinerà nel regno di Zio Bubba, agente-guru costantemente circondato da un fauna di giovani pronti a tutto pur di entrare a far parte del cast di un reality show. Sì, in un romanzo che si intitola “Fine impero” non può non trovar spazio anche un personaggio che ricorda molto da vicino Lele Mora (senza dimenticare Il Proprietario, cioè Berlusconi)... Ma c’è anche molto altro: ad esempio, non mancano gli improvvisi salti temporali, in cui il protagonista ricorda la sua infanzia e la figura paterna in particolari: tra i traumi con cui continua a fare i conti, il tentato suicidio di suo padre è il più angosciante.

Giuseppe Genna, “Fine impero” è una riflessione sulla morte (non solo quella occidentale)?
“No. E’ molto difficile che un romanzo sia una riflessione su qualcosa, ma in questo caso è ancora meno vero. Qui mi pare si constati la vita transitoria, eppure anche perenne, di sagome inanimate che hanno animato certi immaginari di fine Novecento, ma anche di certo Impero Romano, di certo Impero Persiano, di certa corte di Luigi XVI, di certo Goering, di certo Eltsin, di certi mandarinati. Il racconto del potere è impossibile, è destinato al fallimento e il fallimento si spende in fasti ambigui. La dominazione di 'Teorema' di Marco Ferradini va a discapito del regno sulla Terra di Alan Sorrenti, su cui sorge sempre il sole. La ripetizione di certe sostanze e forme oniriche, dagli Ottanta a oggi, in Italia, è un momento di avanguardia non ancora raggiunta da altre nazioni nell’Occidente sviluppato. Il libro narra di una specie di Pontano, il Mastroianni de 'La notte', scrittore sfiancato da tutto e tutti, che percorre il sentiero verso l’inferno fino a dove si intuisce il limbo, in compagnia di Caronti e Virgilii equivoci. La moda, la pubblicità, il design, la televisione, il Web, la Chiesa, il Palazzo e la Villa sono emanazioni di un remake sempiterno, che sfrutta situazioni e nomi e stili storicamente sempre diversi per imporre la sua colonizzazione mentale e fisica. Muore, certamente, una bimba, ha appena dieci mesi. Come Alfredino fu una piattaforma su cui ruotò non beatamente un’intera società, cioè la nostra, così ora la bimba che muore non costituisce nulla. E’ il paradigma che segue alla fine sfilacciata dello Spettacolo”.
Tra i protagonisti del romanzo troviamo quella Milano che nella prima decade del terzo millennio ha smarrito ogni parvenza di etica. Alla città che ha poi scelto di cambiare, votando Pisapia, in futuro dedicherà un romanzo meno pessimista?
“No. Non mi pare che 'Fine Impero' poi sia pessimista. Milano è una grande Gallarate, con il suo macello, che in questi tempi è esterno al Macello Comunale. Nel secondo capitolo, in una visuale molto particolare, si attraversa il Corvetto: è quello che è, una zona che è così. Non c’è etica né moralismo. Il Cubo della Moda, una sorta di mecca per sfilate che davvero esiste a Milano, è emblematico fino a un certo punto: esiste ed è così. Viale Monza, in dirittura di arrivo verso certa Brianza, commina uno ius soli molto venefico a chi si manifesta nelle nebbie chimiche di quei terreni letamati e poi pettinati da un vento non irregolare, tra villette e piscinette. In una raccolta di Milo De Angelis si legge che 'i camion sono | spirituali': ecco, senza disporre del genio di questo grande poeta, la prospettiva è quella il racconto si avvita su un buco abbagliante, dove il premier è disceso nella carne ed è metallo sonoro, mentre tutto finisce quando era già finito mentre iniziava, come si narra in un capitolo dedicato agli esordi dell’emittente privata lombarda Antenna 3”.
Come ha fatto un Paese come il nostro a passare dalla fascinazione per il berlusconismo a quella per l’anti-politica grillina?
“L’Italia è la realtà psicotica in cui convivono Mario Balotelli, Raffaella Fico, Mariano Rumor, Memo Remigi, il noir postmortem di Antonio Manganelli, le torture alla Diaz e a Bolzaneto, Adriano Galliani, Riccardo Schicchi, Rosa Levi Montalcini, Gianroberto Casaleggio, il capitan Schettino, Eva Riccobono, Paolo Cirino Pomicino, padre Enzo Bianchi, continuamente Papi uno dietro l’altro, Rino Formica e Bettino Craxi, Roberto Benigni in sermone civile e Claudio Lippi inossidabile, Enzo Tortora e la figlia di Enzo Tortora che presenta il tg de La7, Corrado Augias e Piergiorgio Oddifreddi, Ustica e il Salento della pizzica, Franco Freda e Franco Franchi, Romina Power e Livia Pomodoro, Veronica Lario e il Lario, Stefano Rodotà e Altan, Eugenio Scalfari e Corrado Passera, Cesare Ragazzi e Roberto Bettega, Lucio Battisti insieme a Mogol e Lucio Battisti insieme a Panella, molti cinesi, rom e romeni e rumeni, il Dito di Cattelan e i codici di Leonardo, Totò Schillaci e Kabir Bedi e Michelangelo e Michelangelo Merisi, Gaspara Stampa e Alessandro Manzoni, Sandro Bondi e Pino Caruso, la famiglia Guzzanti e la famiglia Letta, la famiglia Berlinguer e la famiglia Agnelli, Enrico Cuccia e Rodolfo Pacciardi e Licio Gelli e Manlio Sgalambro e Giacomo Leopardi e Santa Chiara e Lilli Gruber, Lucia Annunziata e Franco Marini, Angela Finocchiaro e Anna Finocchiaro, Beatrice D’Este e Beatrice Borromeo, Antonia Pozzi e Moana Pozzi, i fratelli Vanzina e i fratelli Taviani, Den Harrow e Daniela Santanchè, Italo Calvino e il Premio Italo Calvino, la Divina Commedia e la commedia all’italiana, Lucio Fontana e la Gegia, Adriano Panatta e Wilma De Angelis, Anna Oxa e Stefano Cucchi... Potrei andare avanti all’infinito, ho solo scritto i primi nomi che mi venivano in mente. Direi che tutto si tiene, tutto si spiega”.
Questo libro ha una “complessa” storia editoriale alle spalle… Guardando al futuro, ha già in mente il suo prossimo romanzo? Quale editore lo pubblicherà?
“Sto terminando in questi giorni un romanzo che sarà edito nel 2014 da Mondadori”.