Culture
"Questa notte è la mia", romanzo di un malato di Sla
L'INCHIESTA Storie vere di dolore e rinascita, la tendenza in libreria continua. Daria Bignardi: “Ma se non c’è una grande scrittura dietro…” La tv e l’industria cinematografica li apprezzano molto. I lettori pure, tanto da trasformarli spesso in bestseller. I più “cinici”, invece, li “marchiano” come libri strappalacrime e consolatori. Stefano Bartezzaghi, a sua volta, ha parlato di “editoria del dolore”. Sta di fatto che nelle librerie italiane (ma il fenomeno riguarda anche l’editoria internazionale) sono in aumento le storie autobiografiche di dolore e rinascita, raccontate in prima persona (vedi, ad esempio, i casi di Massimo Gramellini, Lorenzo Amurri e a breve di Vita Cosentino) o attraverso la “mediazione” di uno scrittore (prima di Fulvio Ervas c’era stato il caso di Fabio Geda). Per Daria Bignardi, che alle “Invasioni barbariche” ha invitato alcuni di questi autori contribuendo al successo dei loro libri, e che Affaritaliani.it ha intervistato, “per avere successo i libri autobiografici devono essere scritti bene. E non sempre è così. Sono senz’altro scritti molto bene i libri di Ervas, Amurri e Gramellini, di cui ho parlato in tv. Dubito che se la storia che ha raccontato in ‘Fai bei sogni’ (il libro italiano più venduto del 2012 è stato proprio quello di Gramellini, ndr) non fosse stata sorretta da doti letterarie notevoli, avrebbe avuto tutto questo successo. Il lettore non si fa ingannare. Non si accontenta solo della storia coinvolgente…”. - L’INCHIESTA (pubblicata il 12 febbraio)
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LA TRAMA - A quarant’anni Andrea è un giornalista fallito che ha abbandonato da tempo ogni speranza di condurre una vita felice e ogni ambizione lavorativa. Quando viene colpito dalle prime avvisaglie di una terribile malattia, la sclerosi laterale amiotrofica, Andrea sembra paradossalmente ritrovare le energie e le forze del passato. Rifiutandosi di diventare un caso umano da compatire, decide di aiutare Francesco, un giovane praticante del giornale, in una pericolosa indagine sulla corruzione e le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni torinesi. Lavorare a questo difficile e intricato caso aiuterà Andrea a riscattarsi, mentre il progredire della malattia lo spingerà ad affrontare ogni giorno qualcosa di diverso e a conquistarsi, a ogni nuovo respiro concesso dalla vita, il tempo per pensare, progettare, amare.
Nella fascetta Massimo Gramellini ha scritto: “Credevo di leggere il racconto di una malattia e invece ho trovato una cura”.

L'AUTORE - ALBERTO DAMILANO nasce nel 1955 a Fossano, nel cuneese. Medico, dopo la laurea si trasferisce nell'hinterland torinese, dove si occupa di malattie mentali e tossicodipendenze. Nel 2009 si ammala di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), che in poco tempo lo paralizza completamente. Oggi vive grazie a nutrizione e respirazione artificiali. Ha un blog: http://grandeuno.blogspot.it/
LEGGI SU AFFARITALIANI.IT UN ESTRATTO
(per gentile concessione di Longanesi)
Ci sono dei momenti che segnano l’esistenza.
Momenti in cui ti rendi conto che le cose
non saranno piu` come prima.
E' allora che la vita si divide in due parti:
prima di questo evento
e dopo.
Gregory Hoblit, Il tocco del male
Di tanto in tanto, Andrea si fermava. Gli accadeva da sempre, fin da piccolo, o, almeno, ne aveva me- moria da sempre. « Che fai, ti sei incantato? Guarda che se ti an- noio basta che lo dici... » lo strattonava Giulia quand’erano ragazzini. A dieci anni, aveva gia` ini- ziato a sperimentare tutto il potenziale di cattiveria e seduzione che l’avrebbe mandato in confusione, ogni volta che, negli anni successivi, avrebbe tentato di violarne i pensieri piu` intimi. Per quelle assenze lei andava in bestia, ma abbassava gli occhi guar- dandolo da sotto, come se si sentisse esclusa e ne soffrisse. Erano vicini di casa, lui e Giulia, ma passo` del tempo prima che diventassero compagni di giochi. Le loro famiglie si salutavano incrociandosi per strada, piu` che altro per educazione, e non si sareb- bero mai conosciuti se non fosse stato per il minu- scolo lembo di contiguita` fra le due case. Il terrazzino della cucina di Giulia confinava con il grande terrazzo scoperto dove Andrea schierava i suoi soldatini nei pomeriggi assolati e silenziosi. Il terrazzo era orientato a est, e costituiva una prateria malamente cementificata, pero` ben ombreggiata. Ci poteva collocare comodamente il fortino di le- gno, arricchito da ulteriori spalti e da scale in bam- bu` di sua costruzione. A seguire, in rigoroso ordine, disponeva il settimo cavalleggeri lanciato alla carica, decine di pezzi sparsi, equamente divisi tra visi pal- lidi e pellirosse, e il villaggio indiano, protetto dalle montagne rocciose, fatte con i sacchetti del pane ac- cartocciati. L’alto muro laterale, a perpendicolo con la rin- ghiera, proseguiva in una corta grata a maglie lar- ghe, al di la` della quale Giulia compariva non appe- na si accorgeva della sua presenza. Trascorrevano ore a chiacchierare, in piedi, senza accusare la mini- ma stanchezza. Parlavano senza sosta, come se su di loro incombesse l’oscura minaccia di non avere il tempo di raccontarsi tutto, come se, ogni volta che la madre di Giulia la chiamava per la merenda o per i compiti da finire, quello potesse essere il loro ultimo incontro. Avevano sempre tanto da raccontarsi, e riuscivano a non parlarsi mai l’uno sull’altra, con uno scar- to netto, pero`, che lui all’inizio non colse. Andrea si raccontava, Giulia raccontava gli altri. Lui faceva pian piano conoscenza del mondo in cui lei si muo- veva, dei suoi compagni di scuola delle elementari, di sua sorella Elisa, piu` piccola di quattro anni, tranne che di lei. Tutti i suoi racconti erano in terza persona, ogni minimo accenno a quel che Giulia pensava o, peggio, provava, era rigorosamente e si- stematicamente bandito. Lei, al contrario, era insistentemente curiosa, e a volte lo sottoponeva a raffiche di domande che pa- revano volerlo vivisezionare, e a cui lui rispondeva con puntualita`, uscendone pero` con un crescente disagio. Comincio` a pensarci su, confusamente, e giunse alla conclusione di essere un timido, in sog- gezione con le bambine, sempre troppo grandi e misteriose per lui. Finche´ un giorno si fece coraggio e le chiese: «Ma tu, da grande, mi sposeresti? » Giulia trattenne il respiro, lo inchiodo` trapassandolo da parte a parte con i suoi grandi occhi scuri, poi scappo` via, visibil- mente infuriata. Non la vide per diversi giorni. Quando ricomparve, si scuso` dicendo: « Ogni tanto sono come la regina cattiva di Biancaneve. Non bi- sogna farmi arrabbiare ». Andrea non chiese mai piu` la sua mano. Non era vero, ma ad Andrea piaceva pensare che fosse stata proprio Giulia la prima vittima delle sue pause mentali. Non erano assenze reali, la verita` era che sentiva il bisogno di trasportarsi altrove per prendere le distanze da se´. Avrebbe potuto definirla necessita` di concentrazione, ma era qualcosa di piu` complicato. Era qualcosa di piu`. Era il momento in cui Andrea, a corrente alter- nata, si posizionava in cima a un suo promontorio esclusivo e cominciava a scrutare la distesa del mare, finche´ riusciva finalmente a individuare la propria figurina esile, ancora piu` minuscola in mezzo ai flutti, che annaspava disperatamente per non affo- gare. Si scopriva ogni volta incredulo a domandarsi come fosse finito in mezzo a quei frangenti, lui di solito cosı` prudente, e contemplava ancora una vol- ta, affascinato e annichilito, la potenza rabbiosa del- la vita, per lui perennemente in burrasca. Era in queste occasioni che aveva l’impressione di capire qualcosa di se´, come un lampo all’orizzon- te di una serata estiva troppo umida e calda, che of- fre all’improvviso la certezza di un temporale immi- nente. Ed era una serata di giugno troppo umida e cal- da, quella che gli era capitata in sorte per racconta- re, di se´, quel che ancora non osava raccontarsi. « Ehi, dico, ma hai dormito stanotte? Mi hai chiesto di venire fin qua per farti compagnia men- tre recuperi? » «Come...? No, non e` quello, e` che stavo pensan- do... » « Sai la novita`, sono due anni che ci pensi... cazzo, non capisco cosa aspetta Marta a buttarti fuori di casa... te lo meriteresti pure... » Parlava bene, Renzo. Proprio lui, primo in tutto fin dai tempi del liceo. Primo dei suoi compagni a sposarsi, primo ad avere un figlio, primo a divorzia- re. Precoce in tutto, specialmente nei colpi di testa. Troppo coraggioso o troppo incosciente, dipendeva dai punti di vista. La loro amicizia, cosı` come il figlio di Renzo, era maggiorenne gia` da un pezzo, eppure Andrea non riusciva a scrollarsi di dosso il disagio di qualcosa di incompiuto, non tanto per quel sospetto di ado- lescenza frettolosa, tirata un po’ via, quanto in cio` che c’era fra loro. Un legame bambino, che li spin- geva a rinfacciarsi le reciproche ragazzate, piu` che ad accompagnare i cambiamenti che i loro quaran- t’anni suonati avrebbero dovuto imporre. Andrea eludeva quel cruccio fastidioso immagi- nando entrambi, ormai vecchi, incanutiti e curvi, rincorrersi come De Niro e Depardieu nel finale di Novecento. Due anziani un po’ rincoglioniti che non rinunciavano a giocare a rimpiattino. Nemmeno allora avrebbero avuto un’intesa adulta. O forse sı`. Forse soltanto da vecchi sarebbero riusci- ti ad affrontarsi da uomo a uomo. Ma a quel punto, pensava, a nessuno dei due sarebbe piu` importato...
(continua in libreria)