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Culture
Vaticano, scoperta l’ultima opera di Raffaello Sanzio: Giustizia e Cortesia

Arriva dal Vaticano l'annuncio della straordinaria scoperta dell’ultima opera di Raffaello Sanzio: le allegorie di Giustizia e Cortesia.

L’emergenza legata al coronavirus ha impedito lo svolgimento del simposio, ma l’ormai prossima riapertura dei Musei Vaticani consentirà di ammirare quelle che probabilmente sono le ultime testimonianze artistiche lasciate dall’Urbinate”. Insomma, come da prassi, l’annuncio avrebbe dovuto essere dato un mese fa nell’ambito di un consesso scientifico. Ma il morbo ha scombinato tutto.

Questa la ricostruzione degli esperti: Raffaello, tra l’autunno 1518 e la primavera 1519, al culmine del soggiorno romano durato dodici anni, ricevette da Leone X Medici l’incarico di decorare l’Aula Pontificum Superior, ovvero la sala, destinata a banchetti, ricevimenti di ambasciatori e autorità politiche: la quarta e più grande delle Stanze dell’appartamento di rappresentanza al secondo piano del Palazzo Apostolico. Un’opera monumentale: il salone misura 18 metri di lunghezza per 12 di larghezza, su un’altezza di circa 13. Ma ecco la tragedia improvvisa: all’età di 37 anni, dopo lunghi giorni di malattia, il 6 aprile 1520, Raffaello muore chiedendo di poter tenere accanto al letto la sua Trasfigurazione, anch’essa destinata a restare incompiuta. Per essa come per la Sala di Costantino bisognò allora affidarsi a Giulio Romano, come ad altri talenti usciti dalla bottega dell’Urbinate.

Scoperta l’ultima traccia del passaggio in Vaticano di Raffaello

La decorazione venne infatti portata a compimento ad affresco da Giulio Romano, Giovan Francesco Penni e altri collaboratori di bottega. L’idea era quella di istoriare su ciascuna delle quattro pareti, simulando finti arazzi, episodi salienti della vita di Costantino, come la Visione della Croce, o Adlocutio e la Battaglia di Ponte Milvio: si voleva dare forma artistica all’idea della trasmissione della auctoritas dalla Roma classica alla Roma cristiana. Reduce dai successi delle Stanze della Segnatura, di Eliodoro e dell’Incendio di Borgo, Raffaello decise di sperimentare sul muro l’olio, una tecnica propria della pittura su tavola.

Giorgio Vasari, anni dopo, lascia una traccia. Ci sono, scrive, su quelle pareti due figure femminili dipinte ad olio nell’ultimo periodo della vita di Raffaello. Questo però non basta all’identificazione, perché l’alterazione dei colori provocata in gran parte da colle e interventi di restauro che si sono avvicendati nei secoli, non consentiva finora di confermare l’attribuzione a Raffaello.

Il lungo e complesso restauro appena concluso dai Musei Vaticani, grazie al sostegno dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums, ha portato alla luce elementi significativi che permettono oggi di ricondurre all’urbinate le due Allegorie. Sono l’ultima traccia del passaggio in Vaticano di Raffaello, l’ultima opera prima che morisse cinque secoli fa. Giustizia e Cortesia: forse nessun altro soggetto poteva essere più adatto a chiudere il ciclo della vita e dell’arte di quello che è stato il più grande pittore della sua epoca.

“Il riconoscimento dello stile, della tecnica, dell’attitudine alla sperimentazione proprie del genio di Raffaello Sanzio, corroborato dal riscontro delle fonti storiche e dei risultati delle analisi scientifiche, hanno portato ad attribuire al Divin Pittore le allegorie della Iustitia e della Comitas, le uniche due figure femminili dipinte ad olio tra gli affreschi del Salone di Costantino in Vaticano”, fa sapere Vatican News.

Non si tratta di una attribuzione data a cuor leggero: “i lavori di conservazione e pulitura condotti dal 2015 su tre pareti del grande ambiente consentono infatti di cogliere nuovi dettagli dell’intero ciclo pittorico, ma soprattutto di godere appieno della sensazionale scoperta che sarebbe stata al centro di un convegno internazionale programmato in Vaticano per lo scorso 20 aprile nell’ambito del cinquecentenario della scomparsa del grande pittore.  

L'ultimo lavoro di Raffaello Sanzio: le allegorie di Giustizia e Cortesia

Raffinate metodologie di pulitura della superficie pittorica sono state eseguite a partire dal 2015 su tre pareti della Sala di Costantino dai tecnici del Laboratorio Restauro guidato da Francesca Persegati, coordinati da Fabio Piacentini, sotto la direzione scientifica di Guido Cornini. Gli interventi hanno consentito di far emergere nitidamente i colori straordinari dell’intero ciclo pittorico che inaugurò la stagione del manierismo raffaellesco.

L’ultima parola l’hanno detta le tecniche adottate cinque secoli fa per dipingere le due figure, realizzate rispettivamente a tempera grassa e ad olio a mettere in risalto le trasparenze e le sfumature proprie di Raffaello. Importante anche il rinvenimento di numerosi chiodi al di sotto della superficie su cui si stagliano le due Allegorie. Questi elementi metallici avevano la funzione di ancorare alla parete la “colofonia”, ovvero la pece greca stesa a caldo e ricoperta da Raffaello con un sottile strato di intonachino bianco con l’intento di riprodurre sul muro le caratteristiche di una tavola e così procedere con sicurezza all’esecuzione della pittura ad olio.

Una tecnica che venne presto a noia a Giulio Romano e ai suoi compagni. Si decise allora di smantellare la parete ed allestire un nuovo intonaco, salvaguardando solo la Iustitia e la Comitas, la cui raffinatezza cromatica eguaglia capolavori eccelsi come la Fornarina. Il resto dell’impresa venne completato ricorrendo alla più sicura tecnica dell’affresco.

Quando sarà possibile ammirare la Cortesia e la Giustizia? Facile risposta: fra poco, con la riapertura dei Musei Vaticani. Un motivo in più per riprendere il normale corso della vita.

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