Economia
Banche venete, corsa contro il tempo. I problemi della soluzione di sistema

Ecco perché reperire 1,25 miliardi di euro di capitali privati per Bpvi e Veneto Banca tramite il Fitd non è privo di rischi. Intanto, il tempo scarseggia...
E se per Unicredit e Intesa Sanpaolo la cosa potrebbe essere nel complesso accettabile visto il pericolo evitato anzitempo, per istituti come Ubi Banca, Banco Bpm o, peggio, Banca Carige (che già deve trovare le risorse per un aumento di capitale che da 450 milioni potrebbe lievitare a 600 milioni) rischia di essere un onere molto cospicuo e tale da pesare sulla redditività tuttora non esaltante degli istituti, almeno a breve termine.

La soluzione è dunque tutto meno che perfetta e rischia di rivelarsi rischiosa e non equilibrata sotto il profilo della libera concorrenza, eppure la situazione di Bpvi e Veneto Banca va deteriorandosi ora dopo ora ed una soluzione, quale che sia, dovrà essere trovata nell’arco di questi prossimi giorni per evitare il vaporizzarsi della liquidità dei due istituti veneti, a partire da quelli corporate, per natura i più rapidi ad essere trasferiti in caso di problemi.
Il tempo, dunque, stringe. Oggi era in calendario la riunione del comitato rischi della Bpvi. I vertici della banca Popolare di Vicenza, alla fine della scorsa settimana, hanno detto chiaramente che i tempi sono strettissimi. Sullo sfondo, anche se l'ipotesi è stata finora smentita, rimane l'eventualità di una dimissione in massa dei consigli. All'ottimismo professato dai banchieri, l'ultimo in ordine di tempo è stato l'amministratore delegato di UniCredit Jean Pierre Mustier, al momento non è corrisposto nessun gesto concreto.
La speranza è che nel brevissimo termine arrivino delle garanzie formali per 1,25 miliardi di euro dal comparto bancario. Quel che è certo è che il tempo a disposizione per agire e' sempre di meno e che l'eventuale risoluzione della due banche venete avrebbe un costo ben superiore, stimato in 11 miliardi di euro, per il sistema bancario italiano.

Il Banco Popular ha dimostrato che è possibile applicare la direttiva BRRD e arrivare ad una risoluzione di una banca anche (questa sì) “sistemica” senza che cessi la continuità aziendale, tanto meno senza che chi ha affidamenti “in bonis” e depositi debba rischiare di vederli evaporare dal giorno con la notte. Ma quella soluzione è stata anche la testimonianza di come applicare correttamente e in modo rapido le regole europee sia la strada maestra per mantenere efficiente il sistema bancario nel suo complesso.
Una strada che pervicacemente in Italia non si è voluto e ancora non si vuole seguire, costringendo il sistema stesso a forzare le regole e a trovare nuovi compromessi che possano non essere bollati come “aiuti di stato”, ossia come l’ennesimo tentativo di far pagare a Pantalone il conto di condotte inappropriate e inefficienti tenute per troppi anni con la compiacenza di politici e autorità di controllo nazionali. Si riuscirà a trovare abbastanza banche pronte all’ennesimo “obolo” e se sì in cambio di quale altro favore, magari di tipo fiscale, sarà contrattato? La soluzione dovrebbe appalesarsi nei prossimi giorni.