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Economia
Bce, il bazooka di Draghi spara a salve. Le banche disertano l'asta. L'analisi

Mario Draghi ha provato a chiudere il suo ottennato ai vertici della Bce col botto, ma per ora il suo “bazooka” assomiglia più ad un petardo: l’odierna asta Tltro-3 a condizioni migliorate a fronte di attese per una richiesta tra i 20 e i 100 miliardi di euro alla fine ha fatto registrare appena 3,396 miliardi di nuovi prestiti richiesti e assegnati dalla Banca centrale europea a 28 istituti in tutto.

lagarde draghi ape

 

Eppure, come detto, le condizioni apparivano quanto mai interessanti, con un tasso applicato sui prestiti pari al tasso medio delle aste principali di riferimento durante il periodo di vita della Tltro, che potrà ridursi ulteriormente per quelle banche che incrementeranno i prestiti oltre una certa soglia, potendo arrivare fino a -0,50% (il nuovo tasso sui depositi, che la Bce non applicherà peraltro alle banche depositanti nette per evitare di penalizzarne eccessivamente la redditività).

A nulla è dunque valsa la “moral suasion” di Andrea Enria, capo della vigilanza della stessa Bce, che solo ieri aveva esortato le banche ad approfittare delle condizioni di mercato “molto favorevoli” per tornare ad emettere bond che posano poi essere svalutati in caso di perdite future, come previsto dalle regole sul “bail-out”. 

Enria aveva anche ammesso che la Bce è preoccupata per la redditività degli istituti di credito europei, “perché se non ci sono sufficienti profitti le banche generano poco capitale internamente” e “se ci sono valutazioni molto depresse potranno avere difficoltà a  raccogliere mezzi patrimoniali sul mercato nel caso ce ne fosse bisogno”. 

sede bce (26)
 

Il problema, insomma, resta legato all’andamento del business più che alla disponibilità di liquidità, abbondante dopo anni di finanziamenti della Bce alle banche a lungo termine a tassi vicini a zero e dopo il primo programma di quantitative easing (destinato a ripartire dal mese entrente) che ha portato a 4,7 miliardi l’attivo patrimoniale della Bce.

Una cifra, per inciso, che sfiora il 42% del Pil dell’Eurozona, mentre nel caso della Federal Reserve, che nell’ultimo anno e mezzo aveva iniziato a “stringere” nuovamente i cordoni della borsa, non si arriva al 20% del Pil americano (con tassi che sono stati appena portati all’1,75%-2% e possono dunque scendere ulteriormente). 

Il limite della politica monetaria europea è dunque legato all’impossibilità di spingere ulteriormente sulla strada del denaro a costo zero o sottozero, visto che le stesse banche, che comunque debbono stare attente a non prestare incautamente proseguendo semmai nello smaltimento dei residui “crediti marci”, non sembrano aver necessità di ulteriori capitali se questi poi non vengono chiesti da aziende sane.

mario draghi3 ape
 

Le quali aziende non chiedono ulteriori capitali perché la domanda interna europea, fiaccata da anni di austerità fiscale, resta debole con segnali di ripresa al più a chiazza di leopardo. Servirà tutta la capacità di relazionarsi con le autorità politiche che ha dimostrato di possedere Christine Lagarde per riuscire ad uscire da questo empasse, consentendo alla politica fiscale di dare la staffetta a quella monetaria. 

Peccato che, hanno già fatto notare molti analisti, le disparità tra le singole economie europee siano rimaste pressochè intatte in questi anni, quando non si sono accentuate. Così chi vorrebbe tornare ad una politica fiscale più “allegra”, Italia in primis ma anche Spagna e Francia, non ha troppo spazio per farlo avendo ancora un debito elevato (tra il 132% e il 97% del Pil) e un deficit già superiore al 2%. 

Mentre chi potrebbe farlo come l’Olanda o la Germania, con debiti attorno o sotto il 60% del Pil e avanzi di bilancio, dovrebbe secondo le previsioni crescere comunque sopra la media europea e fatica a trovare il modo di investire il denaro pubblico in modo tale da generare una ulteriore ripresa “virtuosa”. La cura Draghi è stata importante nel 2008-2009 per evitare che i mercati, percossi dalla peggiore crisi finanziaria dagli anni Trenta del secolo scorso, cessassero di funzionare. Da allora sarebbero occorse scelte coraggiose e chiare di politica fiscale ed economica verso una maggiore integrazione europea. 

(Segue...)

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