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Economia
Atlantia, strategia del logoramento su Aspi. Sospetti dei Benetton sul Governo

Annunciare che Atlantia è “decotta” e poi far passare mesi senza arrivare a definire un accordo, nonostante le proposte avanzate, per poi insistere, a 12 giorni dalla scadenza dei termini entro cui i Benetton possono richiedere la risoluzione della concessione e il relativo risarcimento appare agli occhi degli imprenditori veneti come l’operato di un arbitro che si metta a giocare per la squadra avversaria non guardando allo scorrere del tempo e continuando a fischiare solo falli contro.

Una tattica che serve solo ad arrivare nell’imminenza della scadenza dei termini con una ultima proposta “prendere o lasciare”: cedere se non l’intera partecipazione almeno la maggioranza del capitale di Aspi (facendo scendere dal 88% al 36%-37% o forse meno) sulla base di una valutazione che, in proporzione, sia di poco superiore a quella che i Benetton otterrebbero dal risarcimento.

E visto che pagare 7 miliardi per l’88% equivale implicitamente a valutare circa 8 miliardi il 100%, che è poi la valutazione a cui hanno adeguato le loro stime gli analisti di Equita Sim, se Cdp-F2i fossero disposti a pagare anche solo 4,2-4,5 miliardi il 51% di Aspi (e non 5,5-6 miliardi come inizialmente ipotizzato), per Ponzano Veneto potrebbe essere il minore dei mali.

Resterebbe poi da valutare che senso potrebbe avere restare soci al 36%-37% di una società che subirebbe un significativo calo di redditività dato dal combinato disposto di maggiori investimenti, peraltro da ripartire pro-quota tra i vari azionisti e dunque in modo sostanziale a carico dell’azionista pubblico (come dire che il governo, indirettamente, pagherebbe i Benetton per l’onore/onere di farsi carico del rinnovamento dell’infrastruttura autostradale), e minori ricavi vista la richiesta negoziale di un taglio dei pedaggi del 5% almeno per 5 anni se non per l’intera durata residua della concessione.

A compensazione, la durata stessa potrebbe essere estesa oltre la scadenza naturale (al momento fissata al 31 dicembre 2038), così da rendere lo “sconto” finanziariamente sostenibile. Se ciò fosse vero, ai Benetton e agli altri soci di Atlantia (il fondo sovrano di Singapore, Gic, il gestore Lazard Asset Management, la Fondazione Crt e Hsbc Holdings), già intenzionati a fare cassa cedendo una quota di Telepass a un grande fondo di private equity, l’accordo potrebbe anche convenire.

In questo modo eviterebbero di restare con un portafoglio di partecipazioni fortemente sbilanciato verso un business, quello aeroportuale, che sta soffrendo e per molti mesi continuerà a soffrire i contraccolpi della crisi scatenata dalla pandemia di coronavirus e un un gruppo, Abertis, che come ricordano gli analisti di Equita, è caratterizzato da un leverage elevato, oltre le 6 volte in termini didebito/risultato operativo lordo rispetto al 2021.

Due asset rischiosi finora compensati dai flussi di cassa garantiti dai dividendi di Atlantia, che ora potrebbero non esserlo più, avverando almeno in parte la “gufata” di Di Maio. La razionalità prevarrà sul risentimento da entrambe le parti? Oltre ai grandi soci, anche le migliaia di piccoli azionisti di Atlantia (il cui 45,62% è flottante in borsa, con una presenza di azionisti italiani pari a circa un quarto del totale) debbono sperarlo.

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