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Economia
Bolla cinese, ancora temporali estivi. Come mettersi al riparo e guadagnare in Borsa

Dopo cinque mesi di infruttuose trattative, scontri verbali e atteggiamenti intransigenti da ambo le parti del tavolo, Alexis Tsipras, forte della “investitura” ricevuta dal referendum popolare di domenica 5 luglio recapita ai creditori internazionali una proposta non così dissimile da quella avanzata dalla “troika” e rigettata dalla Grecia, eppure se come probabile Angela Merkel, cui spetterà domenica decidere in ultima istanza se fidarsi di Tsipras e accettare il compromesso, che darebbe il via libera al terzo programma di aiuti ad Atene in meno di 4 anni, o rifiutarlo, spingendo la Grecia fuori dall’euro come propone l’opposizione tedesca guidata dalla Spd, darà il suo benestare, la crisi greca potrebbe essere finalmente lasciata alle spalle dai mercati.

Questo almeno sino a quando non si dovessero verificare (provabilissimi) incidenti di percorso lungo l’approvazione delle riforme (stop alle pensioni baby, innalzamento dell’Iva anche nelle isole, taglio alle spese militari) proposte in cambio di una sessantina di miliardi di nuovi aiuti, in parte necessari a rimborsare i prestiti (di Fmi e Bce) che scadranno entro il 2018, in parte a rilanciare l’economia greca. Prima di allora, tuttavia, non si potrà dormire sonni troppo tranquilli sotto l’ombrellone di agosto, perché nel frattempo la bolla speculativa che aveva fatto salire di oltre il 60% gli indici dei listini azionari di Shanghai e Shenzen è scoppiata e nonostante i tentativi delle autorità di contenere la fuga degli investitori (ad esempio vietando le vendite allo scoperto, come da manuale), e qualche rimbalzo tecnico ampiamente prevedibile, il calo appare destinato a proseguire.

Che l’episodio sia stato gestito male dalle autorità di Pechino è evidente, che i mercati azionari cinesi abbiano ancora un robusto ribasso di fronte a sé è altrettanto probabile, tanto più che avendo ormai imboccato, dopo molti tentennamenti, la strada di autentiche riforme economiche (più consumi e meno investimenti, in parallelo ad un ridimensionamento delle conglomerate industriali semi-pubbliche), il governo di Pechino sembra aver ormai mutato obiettivi e strategie.

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