Economia
Brexit, occhio ai bond in sterline. Rischio burocrazia e Iva per le Pmi
Le conseguenze del divorzio di Londra dall'Unione europea per i risparmiatori e le aziende italiane
di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni
Senza dubbio una giornata da segnare sul calendario. Certamente, nell'ottica di un investitore o di un'azienda europea: la Gran Bretagna ha infatti attivato oggi formalmente le procedure che entro i prossimi due anni la porteranno fuori dall'Unione europea e la sterlina è subito tornata a indebolirsi, chiudendo la seduta sui mercati valutari a 1,24 contro dollaro e a 1,1539 contro euro. Dal canto suo la Bce ha fatto filtrare una certa preoccupazione per come i mercati hanno interpretato l'ultima riunione del Board, iniziando a scommettere su un possibile ritocco all'insù dei tassi anche prima della fine del programma di quantitative easing. Preoccupazione che significa che difficilmente si registreranno cambiamenti né per quanto riguarda tassi e quantitative easing, né anche solo in termini sintattici nel messaggio di politica monetaria che seguirà la prossima riunione di aprile.
Così stando le cose, secondo Bill Street, responsabile investimenti per l'area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa, ndr) di State Street Global Advisors, se è per ora impossibile allo stato attuale formulare una "qualsiasi corretta valutazione dei prezzi", che dipenderà dall'evoluzione dei negoziati, nel corso dei prossimi due anni è lecito ritenere che "il processo scatenerà senza dubbio la volatilità e manovre più ampie sul livello dei prezzi" stessi. La volatilità, se mai se ne era andata, è dunque destinata a tornare protagonista sui mercati, ma questo secondo Jon Day, fixed income portfolio manager di Newton Investment Management (gruppo Bank of New York Mellon) potrebbe offrire "opportunità di investimento interessanti, perché i rischi sottostanti che la determinano risultano spesso meno estremi di quanto i mercati temano inizialmente".
Secondo l'esperto, in uno scenario di miglioramento economico, anche il rischio politico legato alle elezioni in Francia e Germania "appare meno severo rispetto a quello legato al referendum britannico e alle elezioni negli Usa". Certo, aggiunge Day, "non si possono escludere ulteriori sconvolgimenti politici, ma i due eventi più importanti del 2016 avevano un esito binario e netto (sì o no in Gran Bretagna, Clinton o Trump negli Usa), mentre le elezioni europee possono concludersi con risultati ben più contrastati". Quindi, dati anche i miglioramenti dei dati economici, "nel prossimo futuro l'euro sembra essere al sicuro". Non solo: "La storia recente suggerisce che la prossima fase ciclica di recessione potrebbe presentarsi nell'arco dei prossimi 10 anni. Sarà questa ad essere determinante, perché, senza miglioramenti economici reali, l'Eurozona potrebbe ritrovarsi ad affrontarla in una posizione di debolezza, soprattutto se la disoccupazione dovesse salire sostanzialmente".
Dopo la volatilità iniziale, gli fa eco il collega Paul Hatfield, global chief investment officer di Alcentra (sempre gruppo Bank of New York Mellon) "la sterlina potrebbe indebolirsi ancora, con implicazioni sulle obbligazioni e sui prestiti denominati nella valuta britannica", tanto che "ci aspettiamo un calo delle emissioni nel corso dei mesi a venire". "Le obbligazioni ad alto rendimento denominate in sterline hanno registrato buone performance, superando i rendimenti dei titoli in euro e dollari, pertanto non sarebbe sorprendente assistere a una temporanea correzione". Tuttavia, nota l'esperto, "c'è molta liquidità in circolazione e gli investitori sono pronti a cogliere le migliori opportunità nelle fasi di calo, pertanto il trend non sarà pronunciato, anche perché le notizie sull'andamento dell'economia sono state positive ultimamente".
Semmai, dal punto di vista azionario, "le pressioni inflattive in Gran Bretagna potrebbero continuare ad accumularsi e se i consumatori britannici continueranno a ridurre le spese al dettaglio, potremmo vedere dei ribassi nel settore dei beni di consumo. Viceversa, le spese legate al turismo sono state particolarmente robuste e con una sterlina più debole è probabile che il settore continui a performare bene". Queste le accortezze che devono prendere gli investitori.
E per le aziende, quali ripercussioni attendersi dall'avvio del processo che porterà nel marzo 2019 alla Brexit? La domanda non è banale, visto che il Regno Unito è il quarto mercato dell'export italiano, anche se nel 2016, con 22,4 miliardi di euro è cresciuto solo dello 0,5%.
Secondo gli esperti di Belluzzo & Partners, studio professionale specializzato nei settori Tax & Legal, Wealth & Family Business e Operazioni Straordinarie con un ufficio a Londra forte di 25 professionisti che rappresenta uno dei principali punti di riferimento per la business community italiana presente nella capitale britannica, si debbono mettere in conto turbolenze finanziarie e legali nel breve periodo, ma nessuno ha veramente interesse che si crei incertezza o persino caos in modo stabile. I rischi sono quelli di un aggravio di documentazione e certificazioni doganali e modifiche al regime Iva.
Sarà naturalmente importante, fa notare il responsabile dell'ufficio londinese, Alessandro Belluzzo, "che tutte le parti coinvolte tengano un atteggiamento aperto e flessibile". Evitando accordi eccessivamente punitivi. In generale, aggiunge Tony Castagnetti, "per le imprese sarà importante comunque mantenere un presidio nel Regno Unito, perché probabilmente Londra rimarrà uno dei migliori hub internazionale per il commercio verso determinati mercati, come quelli asiatici e nordamericani".
(Segue...)