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Economia
Coronavirus,alle banche centrali costa 2,3 trilioni. Quanto valgono i bilanci

Il Covid-19 in un mese ha cambiato le regole del gioco: se il 17 febbraio l’epidemia infuriava in Cina ma contava appena mille contagiati nel resto del mondo, oggi i contagiati confermati ha superato i 275 mila in tutto il mondo (ma il numero è certamente sottostimato a causa dell’opacità dei dati di stati come la Russia, la Corea del Nord o la stessa Cina) e i morti sono ormai vicini agli 11.500. Se per ridurre al minimo le perdite di vite umane serviranno almeno 12 mesi di quarantene più o meno rigide nei prossimi 18 mesi, come prevedono gli epidemiologi dell’Imperial College di Londra, una recessione mondiale non è più un rischio ma una certezza.

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Valore dei bilanci delle banche centrali fino a febbraio 2020

Questo spinge i governi a intervenire massicciamente, con la Ue che sospende il patto di stabilità e i singoli stati che corrono in soccorso delle rispettive economie, chi con 25 miliardi di euro (l’Italia), chi con 500 miliardi (la Germania), chi con mille miliardi di dollari (gli Usa). In parallelo, con tassi ormai ovunque tornati vicino a zero (o sottozero), le banche centrali per fornire liquidità e riflazionare i mercati fanno ripartire programmi di allentamento quantitativo (quantitative easing o QE) che sempre meno fanno differenza tra titoli di stato, debito privato ed asset azionari.

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Gli annunci si sono susseguiti ad un ritmo frenetico: la Federal Reserve (Fed), portati a zero i tassi ufficiali sul dollaro, ha ripreso gli acquisti di bond per 500 miliardi di dollari e di titoli Mbs - agency (titoli garantiti da cartolarizzazioni immobiliari, emessi dalle tre agenzie governative Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae) per altri 200 miliardi. La Bce che aveva già i tassi a zero, dopo aver annunciato un primo incremento “temporaneo” di 120 miliardi entro l’anno degli acquisti di bond sul mercato secondario (ripresi da novembre scorso al ritmo di 10 miliardi al mese), alza di altri 750 miliardi il tetto di acquisti, portandolo così a quasi mille miliardi.

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La Bank of England (BoE) si adegua e in pochi giorni taglia due volte i tassi (dallo 0,75% allo 0,1%), annuncia che quest’ano non eseguirà gli stress test sugli 8 maggiori istituti britannici e riapre il proprio QE di 200 miliardi di sterline, precisando che “la maggior parte degli acquisti di attività aggiuntive comprenderà titoli di stato del Regno Unito” e che gli acquisti “saranno completati appena possibile”. La Bank of Japan (BoJ), con tassi già nulli e un QE in corso da anni, raddoppia (da 6mila a 12mila miliardi di yen, ossia da 50 a 100 miliardi di euro) gli acquisti annuali di ETF.

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La People bank of China (Pboc, la banca centrale cinese), infine, taglia di dieci punti percentuali (dal 4,15% al 4,05%) il tasso di riferimento sui prestiti a un anno, di cinque punti base (dal 4,8% a 4,75%) per quello sui prestiti a 5 anni e riduce tra lo 0,5% e l’1% il tasso di riserva obbligatoria di liquidità per gli istituti di credito, così da far aumentare la liquidità sul mercato di 550 miliardi di yuan (oltre 70 miliardi di euro), ma per ora non annuncia acquisti di asset. In tutto il mondo, sottolineano esperti come l'economista Mario Seminerio, di fronte a una crisi che rischia di essere “di magnetudo ben superiore” alla crisi finanziaria del 2007-2008 negli Usa e a quella del 2008-09 e seguenti in Eurozona, si assisterà nuovamente ad un “grande travaso” di debito privato in debito pubblico.

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Grande quanto, ossia da dove si parte e dove si andrà a finire in termini di bilancio delle banche centrali? Secondo gli ultimi dati riportati da Yardeni Research, solo la Federal Reserve al momento ha “in pancia” meno di 5 trilioni (5mila miliardi) di dollari di asset. La Bce, la Pboc e la BoJ hanno tutte tra 5 e 5,3 trilioni, con la banca giapponese che è già la più “appesantita” di tutti. Nel “dopo crisi” l’attivo di bilancio della Fed sfiorerà i 4,9 trilioni di dollari, quello della Bce salirà a 5,9 trilioni, la Bpoc resterà sopra i 5,1 trilioni, la BoJ potrebbe superare i 5,4 trilioni mentre la “piccola” BoE lo vedrà salire a 635 miliardi di sterline (circa 740 miliardi di dollari).

Il debito totale, pubblico e privato, posseduto da queste cinque grandi banche centrali salirà dai 19,7 trilioni di dollari di fine febbraio ad oltre 22 trilioni entro i prossimi 9-12 mesi, con una crescita di circa 2.350 miliardi (+12% medio), ovvero di circa il 17% per le sole quattro maggiori banche occidentali. Tra le quattro, la BoJ arriverà a detenere l’equivalente di oltre il 110% del Pil giapponese, la Bce arriverà a sfiorare il 45% del Pil aggregato Ue, la Fed risalirà sopra il 20% del Pil Usa, la Pboc dovrebbe rimanere tra il 37% e il 40% del Pil cinese. Questo a patto che i Pil delle varie aree tra 12 mesi si trovino a livelli non troppo distanti da quelli da cui sono partiti prima che la crisi scoppiasse e che i governi iniziassero a chiudere sempre più attività produttive. 

Anche per questo l’azione dei governi deve essere di magnetudo pari o superiore a quelle delle loro banche centrali, o il rischio sarà anche quello di trovarsi, a crisi finita, governati da qualche decina di banchieri centrali. Non proprio il massimo in termini di rappresentanza democratica a prescindere dalla competenza di ciascuno di loro. Competenza, peraltro, la cui importanza, anche e soprattutto da parte degli organi di governo centrali e locali, appare sempre più drammaticamente necessaria proprio in questi giorni.

Luca Spoldi

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