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Economia
Debito italiano, delle potenze mondiali e... la ristrutturazione di Siniscalco
Domenico Siniscalco (Lapresse)

La premessa è necessaria. Stamani, 21 ottobre, ascoltando una rassegna stampa, ho percepito al volo che l’ex ministro Domenico Siniscalco ha affermato una cosa interessante. Non è soltanto l’Italia ad essere pesantemente indebitata, lo sono molte nazioni del mondo. Ed anche la maggior parte delle grandi potenze. A tal punto che sarebbe opportuno cominciare a pensare ad una nuova Bretton Woods, ad una soluzione globale del debito pubblico, che riguardi tutti. E il G20 potrebbe essere la sede opportuna per avviare questa operazione. Non dispongo di altri dati.

È vero, non soltanto sono mostruosamente indebitati gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Spagna e tanti altri, ma anche Paesi cui nessuno penserebbe, in Africa, in Asia, nell’America Latina. Il debito non è soltanto una nostra montagna, è un massiccio, una catena, un Himalaya mondiale. Ed è ovvio che tutto ciò costituisce un grave pericolo cui sarebbe bene mettere rimedio, prima che scoppi in maniera incontrollata. E infatti io non contesto la necessità di questa soluzione, quanto la sua possibilità.

Una soluzione può essere adottata congiuntamente da molti Stati indipendenti in quanto non si decida niente di importante (per esempio un organismo grandioso ma inutile come l’Onu) o in quanto ciò che si decide convenga a tutti. Ma perché convenga a tutti, tutti devono essere nella stessa situazione, e questo non è il caso. Varia infatti il quantum del debito dei vari Paesi, variano i creditori, variano le monete in cui sono denominati, e chissà quante altre cose ancora. Come metterli tutti d’accordo su un’unica soluzione?

Siniscalco parla di una “ristrutturazione del debito”, ma è più facile parlarne che realizzarla. La parola suona come un ringhio, ma rimane bellissima. Abbiamo una casa, la miglioriamo, apportiamo qualche cambiamento e la rimettiamo a nuovo. Il punto è che, nel caso della “ristrutturazione del debito”, non si tratta di un miglioramento, ma soltanto di trovare il modo di non pagare i creditori. E questo qualche scontento lo farà certamente. I creditori non parleranno di ristrutturazione ma di debitori insolventi, di governi composti di ladri e rapinatori. Perciò smettiamo di gargarizzarci con le parole di moda e torniamo all’italiano normale. Qui si tratta di un “mancato rimborso”, di qualcosa di simile a un default generale. Come realizzarlo, se non in maniera indolore almeno con un po’ di anestetico?

Cominciamo col chiederci chi siano i creditori. Per quanto ne so io, in buona misura sono i cittadini degli stessi Paesi. Poi ci sono gli investitori internazionali, per esempio i fondi pensione. Le banche, i Paesi che hanno in portafoglio titoli di altri Paesi, e chissà quanti altri ancora. E ognuna di queste categorie, e delle altre che si potrebbero ipotizzare, costituisce una percentuale diversa in ogni Paese. Dunque, in caso di qualcosa di simile ad un “concordato preventivo”, la somma pagata (il 20%? Il 15?) avrebbe effetti diversi in ognuno dei casi.

Se la ristrutturazione colpisce gli stessi cittadini, come sarebbe soprattutto nel caso del Giappone, le conseguenze politiche sarebbero devastanti. L’atto sarebbe estremamente impopolare e, nel caso di un Paese che tiene tanto all’ “onore”, come il Giappone, non si sa che cosa immaginare. Se chi operasse quella ristrutturazione fossero gli Stati Uniti, Washington dovrebbe vedersela con la miriade di Stati che attualmente tengono in portafogli milioni e milioni di dollari come “moneta di riserva”. Cioè come se fossero oro, mentre con quell’operazione si rivelerebbero per quello che sono realmente: carta. Scritture contabili. Una truffa. Quanto alle banche, quante resisterebbero alla botta? Per avere un’idea delle conseguenze di una “ristrutturazione globale del debito” bisognerebbe chiedersi: “Che ne sarebbe della mia famiglia se il mio reddito fosse improvvisamente dimezzato o peggio che dimezzato? Quanto tempo impiegherei a rimettermi in sesto?”

Ma c’è di più. La proposta di Siniscalco ha lo scopo di impedire che il mondo si svegli una mattina in preda ad una crisi tale che quella del 1929 sembrerebbe uno scherzo. Ed è una giusta preoccupazione. Ma nel momento in cui si cominciasse a parlarne pubblicamente, non è forse vero che le Borse si allarmerebbero, i risparmiatori sarebbero terrorizzati e in totale il semplice parlare della necessità di evitare il panico lo provocherebbe? Per far sì che in un cinema la gente calpesti e uccida il prossimo nel disperato tentativo di arrivare all’uscita, non è necessario che la gente veda le fiamme, basta che un cretino gridi : “Al fuoco, al fuoco!”

Per la ristrutturazione del debito personalmente non sono in grado di suggerire nulla. Ma dubito che lo stesso Siniscalco abbia di meglio da offrire. È come per il cancro al seno: “Signora, la cura era scoprirlo prima”. In questo caso: “Amici, la soluzione era non indebitarsi”.

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