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Economia
Digitalizzazione e consapevolezza finanziaria: a che punto sono gli italiani

Digitalizzazione e consapevolezza finanziaria: a che punto sono gli italiani.

La tecnologia e le competenze digitali possono essere considerate asset fondamentali per i cittadini e le famiglie ai tempi del Coronavirus? Quale era il livello di digitalizzazione qualche settimana prima del lockdown? I servizi digitali hanno ripercussioni significative sull’inclusione economica finanziaria e in generale sulla consapevolezza nell’uso del denaro personale? 

Sono queste alcune delle domande a cui la ricerca “Digitalizzazione e Consapevolezza Finanziaria” prova a dare risposta. Dall’indagine, a cura del Museo del Risparmio di Intesa Sanpaolo ed Episteme, basata su dati di dicembre 2019, emergono evidenze interessanti che delineano un quadro meno tragico delle ricerche internazionali che posizionano gli italiani al fondo delle classifiche sulla digitalizzazione, ma con una forte disomogeneità in termini di alfabetizzazione tecnologica sia tra le diverse fasce sociali sia relativamente al suo impatto sulla fruizione di beni e servizi, tra cui quelli bancari. La ricerca, basata sulla metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) ha preso in esame un campione di individui di 16-64 anni attraverso la realizzazione di 2020 interviste.

Una sintesi delle principali evidenze

Il contante resta ancora il mezzo di pagamento più apprezzato (definito "per tutti" e "semplice" rispettivamente dal 53.9% e dal 45.4% degli intervistati) e il più usato (uso frequente per il 71.6%), mentre la carta di credito e il bancomat rimangono poco usati dagli italiani rispetto ad altri Paesi europei (Danimarca, Svezia, Regno Unito su tutti). Questo studio conferma che l'approccio ai nuovi strumenti di pagamento digitali risente della capacità di usare la tecnologia: all'aumentare delle competenze digitali corrisponde una maggiore consapevolezza sugli smart payment non solo in termini di aspettative positive, ma anche in termini di attenzione ai possibili pericoli insiti nelle nuove possibilità. 

Anche se il pc continua a essere lo strumento preferito per effettuare operazioni (risponde cosi il 44.5% degli intervistati) – a causa della dimensione dello schermo (per il 62.4%) e della comodità della tastiera (per il 58.4%) – è lo smartphone che dimostra maggiori potenzialità, grazie a tre specifiche caratteristiche: è sempre con noi (per il 69.8%); è personale (per il 25.2%); è sempre connesso (24.3%). Lo smartphone non solo è la prima alternativa per chi non ha a disposizione un pc (perché non fa un lavoro alla scrivania, perché non lo sa usare, perché non ha la connessione internet a casa, ecc.), ma può trasformarsi nell’entry point sia in termini di operatività finanziaria che di alfabetizzazione economica. 

L’autovalutazione delle competenze digitali, incrociata con la misurazione di ciò che effettivamente gli intervistati sanno fare, porta alla luce un fattore di rischio significativo: oltre a chi sa di essere insufficientemente preparato, esiste un gruppo di intervistati, pari all’8.8%, che sopravvaluta le proprie competenze, percependosi molto più capace di quanto non sia in realtà. Questa errata autopercezione può essere molto pericolosa se si combina alla sottovalutazione delle insidie della rete. Si pensi ad esempio alla facilità con cui circolano le fake news e agli effetti che possono avere sui processi decisionali degli user internet. 

Abbastanza sorprendentemente, circa il 30.5% degli intervistati si dichiara interessato a investire in bitcoin, soprattutto da parte delle persone con stile di vita alto (46.7% vs il, comunque significativo, 27% delle persone meno abbienti). Si tratta di un evidente caso di sottostima dei rischi associati allo strumento speculativo che sottolinea la necessità di una maggiore diffusione trasversale della cultura finanziaria (cfr. §2.4 e §2.2)

"La quarantena ha sostanzialmente imposto l’uso di strumenti digitali per colmare il distanziamento fisico", hanno commentato Giovanna Paladino, Direttore Museo del Risparmio Intesa Sanpaolo, e Monica Fabris, Presidente Episteme, in una nota. "Ma come evidenziato dalla ricerca, da un lato, non sappiamo se la tecnologia sarà in grado di colmare la distanza sociale e di genere, di favorire una maggiore inclusione attraverso l’accesso a beni e servizi prima inarrivabili, dall’altro, non è infondato il timore, di molti, che il suo utilizzo pervasivo lasci ancora più indietro chi lo è già, che porti a una perdita della privacy e possa ridurre la capacità di controllo sull’utilizzo delle proprie risorse economiche. L’indagine, oltre alla presenza non residuale di fasce di basso competenti digitali e incompetenti non consapevoli, soprattutto stratificati tra donne, anziani e persone con titoli di studio inferiore o medio, evidenzia differenze marcate anche nella consapevolezza collegata alla gestione del denaro". 

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