Economia
Divisivo in politica, temuto in finanza: dal muro di Mattarella al caso Unicredit-Bpm. Chi è Paolo Savona, presidente della Consob
Presidente, direttore, editorialista, docente: Savona ha attraversato tutti i piani del potere economico italiano. Il ritratto

Paolo Savona


Dalla Banca d’Italia al governo, fino alla Consob: chi è Paolo Savona
"Se non sono gradito al governo, sono pronto a farmi da parte". Con queste parole, Paolo Savona, attuale presidente della Consob, ha scosso il Festival dell’Economia di Trento, riportandosi, e riportando la Commissione nazionale per le società e la borsa, al centro del dibattito politico e finanziario italiano. Il casus belli? L’autorizzazione concessa da Consob a Unicredit per prolungare di 30 giorni l’offerta pubblica di scambio su Banco BPM.
Una mossa che ha mandato su tutte le furie sia l'AD di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, e anche Fratelli d’Italia, pronti a brandire lo scudo del golden power. Savona, però, non è tipo da farsi intimidire. D'altronde, a 87 anni suonati, è da decenni che attraversa i gangli dell’economia italiana: un profilo tecnico, certo, ma con un’impronta e una voce che hanno sempre avuto un peso politico non indifferente.
Nato il 6 ottobre 1936 a Cagliari, Paolo Savona si laurea cum laude in Economia e Commercio nel 1961. Entra subito nel Servizio Studi della Banca d’Italia, dove si fa notare per la co-progettazione del primo modello econometrico dell’economia italiana, il celebre M1BI. Ma è al MIT, sotto la guida di Franco Modigliani, che affina la sua passione per l’econometria e l’economia monetaria, collaborando anche con Giorgio La Malfa, Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica dal 1980 al 1982. Sempre in quegli anni, ha svolto diverse ricerche a Washington, presso la Federal Reserve, analizzando il mercato monetario in vista dell’emissione dei Buoni Ordinari del Tesoro.
Nel 1976, vince il concorso a cattedra e lascia Via Nazionale per l’università: insegna prima a Cagliari, poi a Roma, alla Pro Deo (oggi Luiss), che contribuisce a rifondare. Ma l’Accademia non è un recinto per lui. Parallelamente, entra nel mondo delle istituzioni economiche e delle imprese: Direttore Generale di Confindustria sotto la presidenza Carli, Presidente del Credito Industriale Sardo, Segretario generale per la Programmazione Economica, Amministratore Delegato della BNL, e Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. E ancora: presidente di Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, consigliere in TIM, RCS, e ai vertici di UniCredit Banca di Roma dopo la fusione con Capitalia.
Tra un incarico e l’altro, dirige anche iverse riviste scientifiche, fonda dottorati universitari (tra cui quello in Geopolitica Economica all’Università Guglielmo Marconi). Come studioso, ha scritto molto e su temi spesso anticipatori: ha analizzato le dinamiche dei tassi d’interesse, i rischi dei derivati, il ruolo della base monetaria internazionale, i divari territoriali nella produttività, la fragilità delle costruzioni dell’eurozona.
È stato tra i primi, in Italia, a sollevare preoccupazioni sulla stabilità finanziaria legata ai prodotti derivati ben prima della crisi del 2007–2008. Da sempre critico nei confronti dei parametri di Maastricht, che ha definito privi di fondamento scientifico, ha più volte contestato l’assetto istituzionale dell’euro. Savona non è mai stato un euroscettico in senso stretto: ha sempre auspicato un’Europa unita, ma vera, dotata di un’unica struttura statale a sostegno della moneta comune.
Il suo nome entra con fragore nella scena politica nel 2018, quando il governo giallo-verde, quindi Movimento 5 Stelle e Lega, lo propone ministro dell’Economia nel primo governo Conte. Ma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oppone il veto. La motivazione? Il rischio che Savona, eurocritico di lungo corso, possa portare l’Italia fuori dall’euro. "Chi non vuole Savona al governo lo spieghi agli italiani", aveva detto Matteo Salvini ai tempi. Espolde la crisi: Conte rimette il mandato, il Quirinale incarica Cottarelli, ma poi richiama Conte: si trova un compromesso, e Savona viene così nominato ministro per gli Affari Europei il 1° giugno 2018, a 81 anni e 7 mesi, diventando il più anziano ministro della storia repubblicana.
Nel suo breve mandato, Savona lascia comunque il segno. Convoca la prima cabina di regia sugli investimenti delle grandi partecipate statali e presenta a Bruxelles una proposta di riforma dell’Ue: "Una politeia per un’Europa più forte e più equa", una sorta di manifesto per un’Europa federale con l’obiettivo di dotare l’Unione di strumenti concreti per affrontare le emergenze, come poi sarebbe avvenuto con la pandemia. Savona avverte infatti anche di un possibile "cigno nero", uno shock esogeno che avrebbe potuto colpire l’Italia da un momento all’altro. Non si sbagliava.
Nel 2019, lascia il governo Conte I per diventare presidente della Consob. Un incarico di grande delicatezza, che ha gestito sin dall’inizio in modo deciso. Durante le prime fasi del Covid, opta per non sospendere le contrattazioni né vietare le vendite allo scoperto, una scelta criticata, rivista solo a marzo 2020 dopo un crollo di oltre il 50% della Borsa. In quella fase, Savona lancia un appello per una maggiore cooperazione internazionale sanitaria ed economica, e propone l’emissione di obbligazioni pubbliche irredimibili, a rendimento fisso, come forma alternativa per finanziare la ripresa, in linea con la proposta di un "prestito nazionale" avanzata da Giulio Tremontim Ministro dell'Economia e delle Finanze in diversi governi Berlusconi tra il 1994 e il 2011.
Un pensatore fuori dagli schemi, Savona è stato editorialista per le principali testate italiane (Repubblica, Corriere, Sole 24 Ore) e ha fatto parte di comitati scientifici e istituzioni di alto profilo, tra cui l’Aspen Institute Italia, Assonebb, e la Fondazione Ugo La Malfa. Insomma Savona è un uomo di idee e di istituzioni, capace di stare tanto nei salotti accademici quanto nei palazzi del potere. Non ha mai avuto paura di sfidare la politica e ancora una volta, come nel 2018, il suo nome divide, spacca. Questo lo ha reso una figura divisiva, che oggi continua a far sentire la sua voce. Anche a costo di lasciare il posto, se serve. Ma non certo di abbassare il tono.