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Economia
Draghi traccia la strada a Lagarde. E non esclude l'ingresso in politica

Nessuno si aspettava particolari “colpi a sorpresa” dall’ultima conferenza stampa di Mario Draghi, presidente uscente, tra pochi giorni, della Bce e infatti l’ex governatore di Banca d’Italia, come da copione, non solo ha confermato i tassi ufficiali (quello sulle operazioni di rifinanziamento principali resta a zero, quello sui prestiti marginali a +0,25%, quello sui depositi a -0,50%) ma ha anche ribadito che dal primo novembre riprenderanno gli acquisti di bond sul mercato, peraltro al ritmo di soli 20 miliardi di euro al mese dopo aver vinto a fatica le resistenze di alcuni membri del board (in particolare quelli tedeschi e francesi).

Gli acquisti stessi proseguiranno “finché necessario a rafforzare l’impatto di accomodamento dei tassi di riferimento” per poi terminare “poco prima dell’inizio dei rialzi dei tassi di riferimento della Bce”. Come previsto ieri da Tim Graf, strategist di State Street Global Markets, il tono delle comunicazioni della Bce (al pari di quello della Fed) sta nuovamente facendosi neutro e Draghi passa il testimone a Christine Lagarde con un board che pare non aver più intenzione, almeno a breve, di fornire ulteriore supporto politico.

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Christine”, come con grande familiarità l’ha chiamata Draghi, dovrebbe dunque subentrare senza troppi scossoni, con un quadro destinato a mantenersi stabile a lungo, salvo imprevisti. La Bce è conscia che occorrerà mantenere una posizione “altamente accomodante” ancora a lungo, visto i persistenti rischi sul fronte della crescita e dell’inflazione, entrambi “al ribasso” nota Draghi. Di fronte “a prospettive indebolite e alla prevalenza di rischi al ribasso”, saranno i governi a dover fare la propria parte sottolinea per un’ultima volta il banchiere centrale italiano, invitando chi ha spazio di manovra (come la Germania o l’Olanda, ndr) ad “agire in modo efficace e tempestivo”.

Il che non vuol dire che chi, al contrario, di tali spazi non dispone (come l’Italia, ndr) debba ulteriormente indebitarsi, anzi: l’invito per i paesi ad alto debito è ad “una politica prudente”, tenendo però conto che “il rischio principale è una recessione dell’economia, che sia globale o dell’Eurozona”. A proposito di Eurozona ed euro, Draghi ha sottolineato come “ormai tutti in Italia sanno che l’euro è irreversibile”, cosa che avrà forse fatto fischiare le orecchie ad alcuni esponenti “no euro” della Lega come Borghi e Bagnai.

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Ma quando gli è stato chiesto se il suo futuro sia nell’arena politica nazionale come fu, ad esempio, per Carlo Azeglio Ciampi, governatore di Bankitalia dal 1979 al 1993, poi presidente del consiglio nel 1993-1994 e quindi ministro tra il 1996 e il 1999 e infine presidente della Repubblica dal 1999, il banchiere centrale (che per alcuni potrebbe essere un candidato più che credibile alla successione a Sergio Mattarella, nel 2022) si è limitato a ribadire, con ironia: “Davvero non so, l’ho detto molte volte. Chiedete a mia moglie, ne sa più lei”.

Se del futuro preferisce non dire nulla, guardandosi indietro come si sente a Draghi dopo otto anni alla guida di Eurotower? “Mi sento come qualcuno che ha cercato di rispettare il mandato nel miglior modo possibile” è la risposta diplomatica dell’ex numero uno di Via Nazionale (dopo essere stato già direttore generale del Tesoro), che alla Lagarde, come da prassi, a detto di non voler dare consigli su come agire dal primo novembre: “lei sa meglio di chiunque altro cosa fare e cosa dire”. Anche perché, ha aggiunto Draghi, la Lagarde “non ha preso parte alla discussione, ma era presente” già alla riunione del board odierna.

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Come dire che l’ex numero uno del Fondo monetario internazionale, a cui alcuni rimproverano di non essere un banchiere “puro”, difficilmente si farà cogliere alla sprovvista. Ma poi un consiglio alla Lagarde, indirettamente, arriva: “Se c’è una cosa, in generale, di cui sono orgoglioso - ha aggiunto ancora Darghi - è il modo in cui io e il board abbiamo costantemente perseguito il nostro mandato. Questo è qualcosa di cui collettivamente dovremmo essere molto molto orgogliosi. In un certo senso questo fa parte della nostra eredità: non mollare mai”. E soprattutto è sempre meglio “concentrarsi sulle cose che possono essere fatte, non sulle cose che non puoi cambiare. E non puoi cambiare il passato, se non sei uno storico”. Non proprio un “testa bassa e pedalare”, ma il senso pare quello.

Anche nel suo ultimo incontro con la stampa che ha fine speech gli ha riservato anche un applauso, Draghi non perde, infine, il suo gusto per la battuta e al settimanale tedesco Bild che nel marzo 2012 gli regalò un Pickelhaube, il tipico elmetto militare prussiano chiodato, ed ora vorrebbe riavere indietro il dono, ricorda: “c’è un vecchio proverbio tedesco che dice “Geschenkt ist geschenkt” (un dono è un dono, ndr). Penso che me lo terrò”. Chissà se dalle parti di Berlino apprezzeranno o penseranno ad un altro proverbio, anzi una canzone, italiana: “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdámmoce ‘o ppassato” e magari anche il rigore fiscale?

 

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