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Economia
Elezioni europee 2019,Parlamento diviso, non i populisti:cosa temono i mercati
Foto: LaPresse

Occhi puntati dei mercati sulle elezioni politiche europee che come ogni cinque anni ridisegneranno la composizione del Parlamento Europeo, ossia l’unica istituzione direttamente eletta dagli oltre 370 milioni di elettori dei 28 paesi aderenti all’Unione Europea e che decide in maniera simmetrica rispetto al Consiglio Europeo sul 90% della legislazione europea (che a sua volta, ricordano gli esperti di Pictet, incide sul 70% delle legislazioni nazionali).

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Un test elettorale apertosi ieri in Olanda e Gran Bretagna (oggi si prosegue con Irlanda, Malta e Repubblca Ceca) e che si concluderà domenica nella maggior parte degli altri paesi tra cui l’Italia. Lo spoglio dei voti inizierà peraltro contemporaneamente in tutti i paesi dalle 23 di domenica. Fino a lunedì ci si interrogherà dunque se la spinta populista e anti-sistema acquisterà sufficiente forza da sgretolare il blocco europeo nei prossimi anni o se ci sarà una battuta d’arresto delle forze centrifughe.

Come ha fatto notare Lombard Odier proprio “l’espansione diffusa del populismo, soprattutto quello di destra, e di quella che il primo ministro ungherese Viktor Orbán definisce “democrazia illiberale”, sta iniziando a incitare la nascita di una prima forma di consapevolezza politica pro-Europa, facendo comprendere quello che attualmente è in pericolo”.

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Secondo l’Eurobarometro, infatti, tre quinti degli elettori dell’Ue ritengono che la politica populista rappresenti un fattore di preoccupazione. Non solo: sebbene finora i partiti tradizionali rischiano di perdere terreno a favore dei populisti, questi non sono riusciti a coordinarsi all’interno di coalizioni in vista delle elezioni. “Ironicamente, i nazionalisti sono impegnati a stringere relazioni internazionali ma non riescono a formare un fronte unito, includendo elementi di sinistra e di destra e con scarse possibilità di riuscire a trovare un filo conduttore comune, o di essere d’accordo su qualsiasi altra cosa che non sia il proprio euroscetticismo”, notano gli uomini di Lombard Odier.

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Anche se non dovessero ottenere la maggioranza nell’Europarlamento, avvertono gli esperti di Hermes Investment Management, i populisti euroscettici potrebbero tuttavia cercare di minare il funzionamento delle istituzioni europee dall’interno. Sebbene economisti e mercati concordino che la riforma fiscale e una maggiore integrazione dell’Eurozona sono requisiti necessari per poter far fronte a una potenziale futura recessione, entrambe “potrebbero essere messe in discussione dalla crescente influenza dei partiti populisti”.

(Segue...)

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