Elkann ci siamo: Repubblica e le radio e La Stampa venduti entro fine anno - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 17:26

Elkann ci siamo: Repubblica e le radio e La Stampa venduti entro fine anno

Il controvalore dell’operazione dovrebbe essere intorno ai 140 milioni, ma crescono le preoccupazioni soprattutto per il futuro del quotidiano torinese

di Rocco Smatti

Elkann ci siamo: Repubblica, le radio e La Stampa venduti entro fine anno

La bomba pre-natalizia che squassa il mondo dell’editoria arriva. Come scritto dal Domani - voce che Affaritaliani può totalmente confermare - John Elkann si prepara a vendere Repubblica, La Stampa e le radio (Capital, Deejay e M2O) al finanziere greco Theodore Kyriakou.

Di lui si è detto molto, dalle amicizie - che non sono vietate, ci mancherebbe - con Mohamed Bin Salman a una collocazione politica assai lontana da quella cui ci avevano abituati soprattutto i giornali del Gruppo Gedi. Un’avventura durata esattamente sei anni, iniziata male - con la grande lite tra il patriarca Carlo De Benedetti e i suoi figli - e finita peggio, con il maldestro tentativo di Exor di costruire un polo dell’informazione da assommare all’Economist. Solo che la vicenda intera è stata un vero fiasco.

La Repubblica ha perso copie su copie, divenendo un competitor non più dell’irraggiungibile Corriere, ma della Gazzetta dello Sport. La sfiducia al direttore Maurizio Molinari, voluto fortemente da Elkann dopo l’addio burrascoso a Mario Calabresi prima e a Corrado Verdelli poi, rappresenta uno dei momenti più bassi della storia del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e da Carlo Caracciolo. Un giornale indipendente, di opinioni forti, mai vicino a logiche padronali che si è ritrovato progressivamente ad addolcire le vicende che hanno coinvolto la famiglia Elkann, Stellantis e tutta la galassia Exor.

La Stampa da tempo ha perso la sua anima ed è ormai relegata a un ruolo secondario nel panorama giornalistico italiano. Insomma, non si può dire che il tocco magico che John Elkann ha mostrato di avere in altri settori - moda, startup, biomedicale - si sia riverberato anche nel giornalismo. Ed è un vero peccato perché di voci libere ce ne sarebbe gran bisogno. Ma pare che Elkann avesse gran fretta di chiudere la partita e di archiviare definitivamente la pratica editoriale. Per questo, si è scelto di avviare una trattativa quasi in esclusiva con la condizione imprescindibile di farla terminare entro il 31 dicembre di quest’anno.

La cessione al greco Kyriakou non è un problema di per sé, ma ci sono due punti che destano preoccupazione. La prima è che nessuno, in Italia, abbia compreso il ruolo strategico di un quotidiano come Repubblica, già separata dal suo fratello minore L’Espresso finito prima a Danilo Iervolino e poi a Donato Ammaturo.

Quindi nessun fondo, nessuna grande famiglia, nessuno ha voluto mettere sul piatto dei soldi per accaparrarsi un pezzo di editoria. Il giovane rampollo Leonardo Maria Del Vecchio, tramite il suo fondo LMDV, aveva messo gli occhi sulla sola Repubblica, pare offrendo 70 milioni (contro la richiesta di 100 di Elkann). Una trattativa mai decollata, anche perché nel frattempo le vicende dell’eredità del patron Del Vecchio e quelle giudiziarie di Francesco Milleri hanno costretto a rallentare sulle altre partite.

Il secondo campanello d’allarme è che non si sa bene che fine farà La Stampa. È probabile che verrà acquisita per poi, forse, venire a sua volta rivenduta. Magari ripulita di costi di gestione ritenuti eccessivi. Insomma, è La Stampa (rigorosamente con la maiuscola), bellezza. Ma che tristezza vederla ridotta così.