Economia
Evergrande, il gigante immobiliare cinese costruito sul debito e il tracollo che ha lasciato milioni di famiglie senza casa
Il gigante immobiliare cinese è stato rimosso oggi dalla Borsa di Hong Kong: l'azienda è andata in default a fine 2021, ad oggi i debiti del gruppo ammontano a 45 miliardi di dollari

Xu Jiayin Hui Ka Yan Evergrande

Xu Jiayin Hui Ka Yan Evergrande

Xu Jiayin Hui Ka Yan Evergrande

Evergrande
Hui Ka Yan e la caduta di Evergrande: il sogno cinese del mattone che si sgretola
Hui Ka Yan, per gli amici Xu Jiayin, è stato per anni l’uomo che meglio rappresentava la nuova Cina: quella che, nel giro di un paio di decenni, passava dalle biciclette arrugginite alle Porsche Cayenne. Ex operaio metallurgico cresciuto in una famiglia poverissima nell’Henan rurale, negli anni Novanta si reinventa costruttore proprio mentre la Cina decide che tutti devono avere una casa in città.
Tempismo perfetto. Nel 1996 fonda Evergrande a Guangzhou e inizia a costruire condomini come se non ci fosse un domani. Il suo talento? Saper vendere sogni in cemento e debito. Hui non costruiva solo palazzi, vendeva l’idea che la Cina fosse una miniera inesauribile di ricchezza, dove bastava comprare una casa per diventare parte della nuova middle class.
In pochi anni, Evergrande diventa un impero, e lui un miliardario. Nel 2017 il suo patrimonio personale tocca i 40 miliardi di dollari: è l’uomo più ricco del Paese. E Hui non si fa mancare nulla. Villa a Hong Kong con vista da cartolina, jet privati, yacht e un team di calcio (il Guangzhou Evergrande, due volte campione d’Asia). Amava circondarsi di lusso sfrenato e di relazioni politiche di alto livello.
Il debutto in Borsa nel 2009 è un trionfo: 9 miliardi di dollari di capitalizzazione, destinati a crescere fino a superare i 51 miliardi negli anni dell'apice. Evergrande era costruita come un gigantesco schema a catena: incassava anticipi sui progetti immobiliari, li usava per finanziare nuovi terreni e nuovi cantieri, e intanto emetteva obbligazioni in dollari per rifornire la macchina. Una catena che si spezza nel 2020, quando Pechino decide di stringere il rubinetto del credito con la politica delle "tre linee rosse", regole severe per limitare l’indebitamento delle imprese immobiliari. È l’inizio della fine.
A giugno 2022, un tribunale di Hong Kong riceve la prima richiesta di liquidazione da parte di un creditore. La società prova a guadagnare tempo, ma a gennaio 2024 la giudice Linda Chan mette la parola fine: liquidazione. Nel frattempo, i numeri diventano impietosi. Evergrande deve oltre 300 miliardi di dollari, e finora i liquidatori hanno recuperato appena 255 milioni.
La parabola è precipitata definitivamente nella primavera del 2024, con una sanzione da 6,5 milioni di dollari e l’espulsione a vita dai mercati finanziari, colpevole di aver truccato i bilanci con ricavi gonfiati per la bellezza di 78 miliardi. Nel frattempo oltre un milione e mezzo di famiglie hanno versato acconti per case mai completate, i cantieri si sono fermati lasciando scheletri di cemento in mezza Cina (1.300 progetti disseminati in 280 città), e migliaia di piccoli fornitori e lavoratori si sono ritrovati senza pagamenti.
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La caduta di Hui Ka Yan ha avuto lo stesso copione drammatico. Il suo patrimonio personale evapora con la stessa velocità con cui si era gonfiato: il club di calcio ridotto in macerie, gli investimenti all’estero liquidati, i beni pignorati. Oggi Evergrande non è più un impero, ma una lezione. Il gigante immobiliare cinese è stato rimosso oggi dalla Borsa di Hong Kong e per i mercati globali, è il promemoria che anche il "miracolo cinese" non è immune dalle leggi di gravità finanziaria. E che un castello fatto di debiti può sembrare indistruttibile, finché non arriva l’onda che lo porta via.