Facebook, le collaborazioni in Italia ed il rischio di essere profilati - Affaritaliani.it

Economia

Facebook, le collaborazioni in Italia ed il rischio di essere profilati

Lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica pone sotto gli occhi di tutti i rischi e le eventuali contraddizioni presenti nel sistema italiano della rilevazione dei dati e della pubblicità su internet. L’azienda di Mark Zuckemberg nel nostro Paese raccoglie ingenti risorse pubblicitarie tanto da superare ampiamente la raccolta di Rai Pubblicità, il tutto senza sottoporsi al controllo di alcun soggetto terzo, e senza dare alcuna visibilità su come vengono raccolti i propri dati, attraverso quali algoritmi vengono elaborati e con quali reali politiche in termini di privacy vengono trattati i dati personali. Inoltre, sulla base di questa raccolta e del conseguente trattamento, gli utenti pubblicitari orientano i propri investimenti, facendo, così, “professione di fede” su quanto “auto rilevato” e profilato dalla piattaforma americana. In tal senso, dunque, il problema vero non consiste tanto nel ruolo che Facebook svolge all’interno del mercato della raccolta pubblicitaria, per quanto opaco ed ambiguo sia, ma nel fatto che il colosso americano non si sottoponga ad alcun controllo, ponendosi anzi al centro di un sistema di certificazione di una metrica che regola lo stesso mercato.

Facebook, altresì, è partner commerciale in Italia di Audiweb, a cui offre un bacino di utenti “profilato” molto accuratamente (attraverso i like, il sesso e l’età degli utenti internet), con cui si tratteggia l’identikit di chi naviga in rete in modo tale che la stessa Audiweb possa indicare ai propri soci dove è più redditizio investire in pubblicità. Di questa attività, condivisa anche con la multinazionale americana Nielsen, del social americano, inoltre, non si conosce il metodo di produzione, di depurazione e di validazione dei dati stessi, poichè non dà alcuna trasparenza ai protocolli di elaborazione che impiega, considerando, anzi, segreti industriali i propri algoritmi.

Prendendo spunto dalla recente vicenda che vede implicata Cambridge Analytica, si potrebbe chiedere a Facebook almeno di non utilizzare i dati per scopi diversi da quelli per cui li ha raccolti, scongiurando così il rischio concreto per cui il social possa volutamente stimare o sottostimare un soggetto con cui intrattiene migliori rapporti per avvantaggiarlo o meno. Il punto centrale che la vicenda evidenzia è dunque quello del consenso degli utenti che deve essere sempre più informato su come vengono raccolti e trattati i loro dati, altrimenti si finisce per ledere la democrazia e, quindi, le nostre libertà.

Ben venga, quindi, l’entrata in vigore il 25 maggio p.v. del Regolamento Europeo della Privacy, il cosiddetto GDPR, fortemente voluto dal Garante Europeo della Privacy Giovanni Buttarelli, ispirato da una lungimiranza per cui, una volta tanto, l’UE può andar fiera. Anche Auditel (il soggetto italiano che rileva i dati di ascolto televisivi) già impiegando algoritmi depositati in garanzia sta comunque procedendo ad una piena compliance con il nuovo Regolamento Europeo e sarà tra le prime reatà italiane ad aderire. Sul versante del web, in conclusione, è del tutto scontato che gli utenti pubblicitari si stiano battendo affinchè ci sia la piena certificabilità da parte di chi raccoglie i dati senza l’ombra di alcun conflitto di interessi. Si tratta di una battaglia in cui è in gioco la democrazia di tutti noi e, per tale ragione, bisogna combatterla! Alle Autorità competenti il compito di vigilare affinchè Italia ed in Europa possano essere bloccati sul nascere possibili azioni fraudolenti a danno dei cittadini.