Fisco, risparmio di 1.440 euro con Irpef al 33%. Ma per i redditi più bassi l'impatto è minimo. Le simulazioni - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 13:54

Fisco, risparmio di 1.440 euro con Irpef al 33%. Ma per i redditi più bassi l'impatto è minimo. Le simulazioni

Dalla simulazione emerge un elemento centrale: i benefici maggiori si concentrano sui redditi medio-alti

di Filippo Santi

Fisco, Unimpresa: benefici fino a 1.440 euro con Irpef al 33%

Una riduzione dell'aliquota Irpef dal 35% al 33% e l'estensione dello scaglione intermedio fino a 60.000 euro di reddito, porterebbe, per un reddito lordo annuo di 30.000 euro un risparmio di circa 40 euro, per salire a 240 euro con 40.000 euro di reddito e a 440 euro con 50.000 euro. Il beneficio massimo si registrerebbe a quota 60.000 euro, con un alleggerimento dell'imposta di 1.440 euro, pari a circa 120 euro al mese.

Per i redditi superiori, come i 70.000 euro, il vantaggio rimarrebbe fermo a 1.440 euro, poiché lo sconto fiscale si applica solo sulla parte di reddito fino alla nuova soglia dei 60.000 euro. È quanto stima il Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato l'ipotesi al centro della discussione politica ed economica, che potrebbe essere inserita nella prossima legge di bilancio. La misura avrebbe un impatto variabile sui contribuenti a seconda del livello di reddito, con vantaggi che crescono progressivamente.

Il quadro attuale prevede tre scaglioni Irpef: 23% fino a 28.000 euro, 35% da 28.001 a 50.000 euro e 43% oltre i 50.000 euro. L'intervento in discussione comporterebbe dunque sia un abbassamento dell'aliquota intermedia, sia un innalzamento della soglia di accesso al 43%. Il costo complessivo della misura oscillerebbe tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro annui.

Una cifra non trascurabile, in un contesto di bilancio caratterizzato dal ritorno dei vincoli europei e dalla necessità di finanziare altre priorità, tra cui il taglio del cuneo fiscale e il sostegno agli investimenti del Pnrr. Sul piano redistributivo, i benefici si concentrerebbero soprattutto sui redditi medio-alti, con vantaggi significativi per circa 13 milioni di contribuenti.

L'impatto per i redditi bassi risulterebbe invece minimo, con una serie di interrogativi sull'efficacia della misura in termini di equità e di sostegno ai consumi interni. La proposta, tuttavia, avrebbe un forte valore politico, poiché intercetterebbe il malcontento del ceto medio, storicamente penalizzato dal prelievo fiscale e spesso percepito come trascurato dalle politiche redistributive.

'La misura, qualora fosse confermata nella legge di bilancio, rappresenterebbe un segnale politico importante nei confronti del ceto medio, da tempo compresso da una pressione fiscale tra le più alte in Europa. È una misura che intercetta un disagio reale, ma rischia di restare incompleta se non accompagnata da un progetto più organico di riforma del sistema tributario italiano. L'intervento, infatti, produrrà vantaggi significativi per i redditi medio-alti, con risparmi anche superiori a 1.400 euro l'anno, mentre lascerà sostanzialmente invariata la situazione dei redditi più bassi.

Senza un'attenzione parallela alle fasce deboli e senza una semplificazione vera degli adempimenti burocratici, il rischio è che la riforma si trasformi in un provvedimento parziale, incapace di incidere sul nodo strutturale della pressione fiscale complessiva che pesa su famiglie e imprese. L'Italia ha bisogno di un fisco equo e competitivo, che sostenga i consumi interni e liberi risorse per gli investimenti delle imprese. È in questa direzione che il governo deve avere il coraggio di muoversi, perché solo così sarà possibile rafforzare la crescita e ridare fiducia a cittadini e aziende' dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Il Centro studi di Unimpresa ha realizzato una simulazione dei risparmi fiscali derivanti dall'ipotesi di riduzione dell'aliquota Irpef dal 35% al 33% e dall'ampliamento dello scaglione fino a 60.000 euro mostra la distribuzione dei benefici tra i diversi livelli di reddito. Per un contribuente con 30.000 euro di reddito lordo, il vantaggio si limita a 40 euro l'anno.

Un beneficio simbolico, che non modifica in maniera significativa la capacità di spesa, ma che indica come l'intervento tocchi comunque, seppur marginalmente, anche le fasce più vicine alla soglia dei redditi medio-bassi. Con un reddito di 40.000 euro, il risparmio sale a 240 euro annui. In questo caso, la misura comincia a farsi percepibile, pur restando contenuta: equivale a circa 20 euro al mese, un contributo che può alleggerire solo marginalmente le spese correnti di una famiglia.

Più sostanzioso è il beneficio per chi dichiara 50.000 euro, con un alleggerimento dell'imposta pari a 440 euro annui. In questo caso, la riduzione dell'aliquota del secondo scaglione produce un impatto concreto, anche se ancora lontano dal rappresentare un vero e proprio cambio di passo nella pressione fiscale. Il salto più significativo si registra però a 60.000 euro di reddito, dove la riforma determina un risparmio complessivo di 1.440 euro l'anno.

Qui non solo entra in gioco la riduzione dal 35% al 33% sulla fascia 28.000-50.000, ma soprattutto l'estensione della nuova aliquota fino a 60.000 euro, che evita l'applicazione del 43% sull'ultimo segmento di reddito. Questo rende il beneficio particolarmente rilevante, equivalente a circa 120 euro al mese. Per redditi superiori, come i 70.000 euro, il vantaggio resta stabile a 1.440 euro: la riduzione si applica infatti solo fino a 60.000 euro, mentre sulla parte eccedente continua a valere l'aliquota del 43%. In termini relativi, dunque, l'impatto diminuisce all'aumentare del reddito.

Di seguito la simulazione dell'impatto della riforma (aliquota intermedia dal 35% al 33% estesa fino a 60.000 euro), calcolata sulla sola Irpef lorda e a normativa costante (senza detrazioni, deduzioni, contributi, addizionali regionali/comunali o bonus).

Per un reddito lordo di 30.000 euro l'imposta attuale è 7.140 euro, la nuova sarebbe 7.100 euro, con un risparmio di 40 euro; a 40.000 euro l'imposta attuale è 10.640 euro, la nuova 10.400 euro, risparmio 240 euro; a 50.000 euro l'imposta attuale è 14.140 euro, la nuova 13.700 euro, risparmio 440 euro; a 60.000 euro l'imposta attuale è 18.440 euro, la nuova 17.000 euro, risparmio 1.440 euro.

Il metodo di calcolo si basa sulle aliquote marginali per scaglioni: nello scenario attuale si applica il 23% fino a 28.000 euro, il 35% da 28.001 a 50.000 euro e il 43% oltre 50.000 euro; nello scenario nuovo restano il 23% fino a 28.000 euro, il 33% da 28.001 a 60.000 euro, e il 43% oltre 60.000 euro. Dalla simulazione emerge un elemento centrale: i benefici maggiori si concentrano sui redditi medio-alti, compresi tra 50.000 e 60.000 euro.

Per questi contribuenti, la riforma rappresenta un alleggerimento tangibile della pressione fiscale, mentre per i redditi più bassi il vantaggio è minimo. Si tratta di una scelta politica chiara: sostenere il ceto medio-alto, che negli ultimi anni ha spesso denunciato una 'stretta fiscale' a fronte di un livello di servizi percepiti come in calo. Tuttavia, dal punto di vista della redistribuzione, la misura non riduce le disuguaglianze: anzi, accentua la progressività al contrario, perché chi guadagna di più riceve un vantaggio assoluto molto più consistente. In termini di consumi, i risultati sono ambivalenti.

Per i redditi bassi, l'effetto è trascurabile. Per i redditi medio-alti, la maggiore disponibilità si traduce in un incremento del reddito disponibile che, in parte, può sostenere la spesa per consumi durevoli o il risparmio. In generale, il moltiplicatore fiscale di un intervento concentrato sul ceto medio-alto tende a essere più basso rispetto a misure a favore dei redditi bassi, che avrebbero una maggiore propensione al consumo immediato.

Il costo stimato per la finanza pubblica si aggira sui 3,5-4 miliardi di euro annui. Una cifra rilevante in un contesto di bilancio in cui il governo è chiamato a rispettare i nuovi vincoli del Patto di stabilità europeo e a finanziare altre priorità, dal taglio del cuneo fiscale agli investimenti Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). La sfida sarà trovare coperture credibili, senza ricorrere a clausole di salvaguardia o a tagli lineari di spesa che rischierebbero di ridurre l'impatto positivo della misura.