Gas russo all'Ue, stop definitivo nel 2027. L'esperto: "Cambiare fornitore? Non basta. Così rischia di sostituire una dipendenza con un'altra" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 18:28

Gas russo all'Ue, stop definitivo nel 2027. L'esperto: "Cambiare fornitore? Non basta. Così rischia di sostituire una dipendenza con un'altra"

L'intervista a Francesco Macrì, Presidente Esecutivo di Estra e consigliere d’amministrazione di Leonardo

di Rosa Nasti

Ue, stop alle importazioni di gas russo: "Sostituire Mosca con fornitori più costosi non risolve niente. Serve aumentare la produzione interna da rinnovabili e gas nazionale"

L’Europa ha deciso di tagliare il cordone ombelicale con Mosca: entro il 2027 interromperà tutte le importazioni di gas russo con una svolta che chiude definitivamente l’era in cui il Cremlino riforniva fino al 40% dei consumi europei. Con l'accordo tra Ue e Parlamento ci sarà un addio graduale ai contratti di GNL e ai flussi via gasdotto e la promessa è che il mercato sarà completamente ridisegnato; ma quali saranno davvero gli effetti nel breve termine, e soprattutto, siamo davvero pronti a essere completamente indipendenti? Ne abbiamo parlato con Francesco Macrì, Presidente Esecutivo di Estra e consigliere d’amministrazione di Leonardo.

"Questa è la tappa finale di un percorso iniziato nel 2022 con il piano REPowerEU. Tra il 2022 e il 2024 c’è stata una drastica riduzione dei flussi: siamo passati dal 40% al 15% di percentuale di importazione. Poi sono arrivate ulteriori norme tra il 2024 e il 2025, che hanno riguardato in modo specifico il GNL e i transiti di GNL russo. Siamo quindi alla fase conclusiva: l’Europa si impegna formalmente sulla strada dell’indipendenza energetica, non si tratta quindi solamente di un passaggio tecnico. Negli ultimi anni, però, abbiamo già diversificato molto", spiega l'esperto.

"In questo senso, per quanto riguarda l’Italia, abbiamo anticipato questa decisione da tempo. Siamo stati tra i primi ad azzerare le importazioni di gas russo e abbiamo già assorbito l’impatto di questa scelta, che non è indolore sotto il punto di vista dei prezzi, in quanto il gas russo costava molto meno. Importare gas dagli Stati Uniti, uno dei Paesi verso cui stiamo diversificando, ci costa circa il 30% in più. La svolta sta nell’impegno di ciascuno Stato", sottolinea Macrì.

"Mi auguro non più in logica solitaria, ma di vera e proprio comunione d'intenti perché la debolezza dell’Europa è sempre stata l’incapacità di collaborare davvero. Se si pensa alle borse elettriche, alle differenze tra TTF e PSV, si comprende come manchino strumenti comunitari. Finché c’era la dipendenza dal gas russo prevalevano egoismi e interessi nazionali, ora invece questa decisione potrebbe spingere davvero l’Ue a lavorare insieme sulle provviste energetiche con una strategia comune, e potremmo raggiungere gli obiettivi persino prima dei tempi previsti. Da soli è tutto più difficile: un Paese come il nostro, che è più indietro sul mix energetico, fatica di più".

E aggiunge: "Importiamo ancora il 95% dell’energia e restiamo alla mercé della ‘logica del tubo’. Per questo, è necessario correre tutti insieme: puntare su rinnovabili compatibili dal punto di vista ambientale e riabbracciare rapidamente una strategia sul nucleare di nuova generazione, con sistemi modulari a bassissima emissione. Insomma serve tornare alla neutralità tecnologica per centrare la sostenibilità energetica e abbiamo caratteristiche e infrastrutture che vanno integrate. Ad esempio, in Italia abbiamo il giacimento solare al Sud, l’Europa il giacimento eolico al Nord. Nel mezzo servono infrastrutture portanti". Macrì resta fiducioso: "Una strategia comune è assolutamente auspicabile. Le reti non possono non essere interconnesse, pensare di mantenere confini tecnologici e infrastrutturali sarebbe una visione miope".

Ma quanto siamo davvero pronti a dire addio al gas russo? Nonostante la forte riduzione post-Ucraina, nel 2025 l’Ue ha comunque ancora acquistato quasi 10 miliardi di euro di gas russo. "Sì, parliamo di un 15% complessivo", ricorda Macrì. "Poi esistono Paesi come l'Ungheria che si muovono per ottenere deroghe, perché vorrebbero proseguire in autonomia, e anche la Germania importa ancora in una minima parte. Si tratta di Paesi che hanno provato fino all’ultimo a beneficiare delle forniture convenienti della Russia, ma ora è il momento di iniziare ad agire come un unico attore politico".

E l’impatto dell’accordo? "Se questa decisione si limita a farci passare da una dipendenza a costi contenuti, la Russia, a una a costi più alti, ossia attraverso fornitori come Stati Uniti, Azerbaijan, Norvegia, che hanno aumentato i flussi verso l’Europa, potrebbe cambiare poco. Ma se iniziamo davvero a correre sulla produttività da fonti rinnovabili, se torniamo a estrarre gas dopo vent'anni, se guardiamo con attenzione alla sostenibilità sociale oltre che alle politiche green, alcune di matrice idrologica, allora la curva dei prezzi può scendere".

E aggiunge: "Inoltre, è da sottolineare che ci sono tre aziende italiane di primo piano che stanno lavorando sul tema della neutralità energetica attraverso il nucleare pulito di ultima generazione: Enel, Ansaldo Energia e Leonardo. Con il loro impegno, e con la giusta determinazione politica, tutto lascia pensare che entro dieci anni potremmo assistere a un’accelerazione importante. Se nel frattempo arriveranno anche interventi ulteriori per semplificare aspetti tecnici e quelli legati alla struttura della bolletta, si può immaginare un futuro in cui la curva dei prezzi potrebbe finalmente calare".

E sui costi aggiunge: "Più cresce la produttività energetica, più il costo si avvicina al costo reale di produzione. La Spagna ha costi bassi perché ha molte rinnovabili e il nucleare, la Francia, lo stesso. In Italia, invece, c'è chi ancora si oppone persino a un biodigestore anaerobico. Non serve costruire solo grandi centrali, ma se ogni provincia italiana sbloccasse la burocrazia e realizzasse un biodigestore anaerobico per trattare la frazione organica, potremmo coprire il 9% del fabbisogno di gas con i nostri rifiuti. Che non sono solo scarti: sono una risorsa. Se vengono trattati correttamente possiamo ottenere quella percentuale di copertura. In questo momento stiamo sprecando questa occasione? Sì, assolutamente".

E per la Russia? Quali conseguenze avrà perdere questa influenza, e quali nuovi mercati potrà trovare? "La Russia si è già riposizionata sull’Indo-Pacifico, con forniture importanti, alcune già attive e altre in costruzione, perseguendo una strategia di nuovo posizionamento", conclude l'esperto.

"L’aumento dei prezzi degli ultimi anni, dal post Covid alla crisi ucraina, legato anche alla componente speculativa, dipende dal fatto che Paesi che fino a pochi anni fa erano in via di sviluppo. Oggi invece hanno una domanda energetica elevatissima. Noi, d'altro canto, siamo un continente poco dinamico: i volumi di gas consumati sono sempre gli stessi, aumentano i costi ma non la domanda. Sull’elettrico la domanda cresce, così come per i data center, l' intelligenza artificiale e in generale la digitalizzazione, ma la Russia guarda sempre più a economie emergenti. Sicuramente per Mosca questa decisione avrà impatti negativi, ma da tempo si sta organizzando e orientando su altri fronti".