Economia

Generali-Natixis: il comitato investimenti anticipa lo "scontro" in Cda

La minoranza contesta forma e sostanza dell'accordo

di redazione economia

Generali-Natixis: il comitato investimenti anticipa lo "scontro" in Cda

Un confronto acceso, quasi rigido. E alla fine un voto che peserà, eccome, nel prossimo consiglio d'amministrazione. Ieri, nel comitato per gli investimenti di Generali, si è consumato un primo atto dello scontro che si profila all'orizzonte.

Al centro della contesa, l'accordo per una joint venture nel risparmio gestito tra Generali investment holding e la francese Natixis. Un progetto che ha trovato un'opposizione ferma da parte di Francesco Gaetano Caltagirone, che con il suo 7% della compagnia continua a far sentire la sua voce. E, presumibilmente, accanto a lui c'è anche Delfin, la holding degli eredi Del Vecchio, che controlla quasi il 10% del Leone.

Il voto del comitato, come riportato da Repubblica, ha visto l'unica opposizione di Stefano Marsaglia, rappresentante della lista di minoranza sostenuta proprio da Caltagirone e Delfin. Ma il risultato sembra anticipare il probabile esito del consiglio di amministrazione: un sì a maggioranza, senza il consenso dei quattro consiglieri di minoranza. Questo darebbe il via libera all'amministratore delegato Philippe Donnet per la firma di un Memorandum of understanding (MoU) con Natixis, documento che per ora resta non vincolante.

Le obiezioni di Caltagirone? Sia di forma che di sostanza. Da un lato, si tratterebbe di un mutamento dell'oggetto sociale di Generali, una decisione che - secondo la minoranza - richiederebbe il voto dell'assemblea straordinaria e non una semplice delibera di Cda. Dall'altro, il nodo della "sovranità" sui capitali degli assicurati, che oggi includono ben 37 miliardi di titoli di Stato italiani. Il timore, neanche troppo velato, è che la gestione di questi asset possa passare in mani francesi, con tutto quello che ne consegue in termini di controllo strategico.

Dall'altra parte della barricata c'è il management di Generali, supportato da Mediobanca, primo azionista con il 13,1% del capitale. Secondo il vertice del Leone, le obiezioni sono pretestuose: le decisioni sugli investimenti, garantiscono, resteranno saldamente a Trieste, mentre la joint venture si limiterà a eseguire i mandati ricevuti.

E poi c'è il fronte politico. Il governo sta osservando con attenzione l'evolversi della situazione e, secondo indiscrezioni, Palazzo Chigi attende la notifica formale per valutare l'eventuale esercizio del 'golden power', lo scudo con cui proteggere gli asset strategici italiani.

Sullo sfondo, resta la tensione tra soci, con un equilibrio sempre più precario, mentre il voto dell'assemblea si avvicina. Ad aprile bisognerà scegliere i vertici: saranno ancora una volta Philippe Donnet, con Andrea Sironi, come vorrebbe Mediobanca? O si apriranno scenari nuovi in attesa di scoprire i nomi che porteranno Caltagirone e Delfin?